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Il Tanaro, ingranditosi a dismisura a causa delle continue piogge, dopo aver provocato disastri in seguito a straripamenti nei paesi dell’Alta Valle, verso le undici di sera debordò anche a Ceva, allagando le campagne e le cascine adiacenti al suo corso. Rimasero sommerse soprattutto le superfici alla base del borgo di sant’Andrea, dove vi erano il filatoio Bianchi ed il molino Barelli, e la zona del Brolio, con il Quartiere degli alpini, l’Asilo infantile e le abitazioni vicine. Grande rischio corsero i militari della caserma e le suore dell’asilo. In queste strutture l’acqua, dopo che travi, macigni ed alberi che trasportava avevano sfondato muri di cinta, cancellate, portoni, porte e finestre, si alzò rispettivamente di due metri e di oltre ottanta centimetri. Lo scompiglio e le difficoltà erano accresciuti dall’oscurità e dalla pioggia che seguitava a scendere veemente ed abbondante. Fu scongiurata la perdita di vite umane grazie all’encomiabile opera di soccorso immediatamente portata dai Reali Carabinieri e da molti benemeriti cittadini che volontariamente colà accorsero ai primi segnali di pericolo. Un treno merci partito in quegli istanti dalla stazione di Ceva per Torino, giunto nei pressi del ponte degli Arotti, a causa del franamento dell’argine della strada che portava a Castellino, precipitò nel Tanaro e fu per vera fortuna che tutto il personale di servizio riuscì a salvarsi prima di essere investito dall’impeto della corrente. I danni arrecati da questo straordinario evento furono comunque ingenti, solo per il territorio di Ceva ammontarono a ben oltre centomila lire. In conseguenza dell’accaduto non mancarono sulla stampa locale critiche al Ministero della Guerra che volle costruire, nonostante segnalazioni avverse che gli pervennero, la caserma alpina su un sito umido ed insalubre, un tempo occupato dall’alveo del fiume, e quindi alla facile portata delle sue inondazioni.