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Associazione Ceva nella Storia - Alluvione del 1994 (5 novembre)

Alluvione del 1994 (5 novembre)     Torna all'indice


Sono passati quasi trent’anni, ma il ricordo di questo disastro è ancora vivo in moltissimi cebani. Quella che sarebbe poi stata definita “La grande alluvione” interessò i comuni delle provincie di Cuneo, Asti e Alessandria situati lungo i corsi del Tanaro, del Belbo e del Bormida e di tutti i loro affluenti. Per Ceva fu sicuramente una delle più devastanti della storia in termini di danneggiamenti alle cose, fortunatamente non alle persone. Infatti diversamente da quel che avvenne in diversi altri centri del basso Piemonte qui non vi furono vittime. Più ragioni, atmosferiche ed umane, si assommarono per rendere questa alluvione come un fatto veramente straordinario. Sicuramente furono determinanti i fattori metereologici. Ad una perturbazione di carattere ciclonico proveniente dal litorale francese e ad una tempesta portata dallo scirocco africano, si associarono una situazione di bassa pressione sulle vallate prealpine del bacino del Tanaro ed un’area anticiclonica che sostò sulla Lombardia per più giorni, impedendo alle avversità atmosferiche di spostarsi dal Piemonte. A queste componenti si aggiunsero quei motivi, già indicati in precedenza, che coinvolgevano l’intervento a volte imprudente e negligente dell’uomo, che non dappertutto e non sempre aveva fatto tesoro della memoria delle vecchie cronache di passate simili tragedie. Quel sabato era già il terzo giorno di pioggia ininterrotta, con fasi anche a dirotto. In Città, forse perché si conosceva la storia e ci si ricordava dei racconti degli anziani, il pericolo non venne sottovalutato. Già dalla prima mattina il sindaco Gianni Taramasso aveva ordinato la chiusura delle scuole ed il presidio di ponti ed argini, provvedendo a diffondere velocemente nelle sedi opportune ogni idoneo allertamento. Nonostante ciò il progressivo peggioramento della situazione, che ebbe il suo culmine verso le undici di sera quando le acque del Tanaro lambirono i primi gradini dei portici di via Sauli, mise Ceva ed i suoi abitanti in ginocchio. Allo straripamento, non soltanto del fiume, ma anche del Cevetta, del Bovina e dei rii minori, si erano intanto aggiunte decine di frane un po’ dappertutto. La notte per moltissima gente fu un vero incubo. Inevitabilmente vi era stata l’interruzione dell’energia elettrica ed il buio più assoluto, squarciato ogni tanto dalle fotoelettriche delle squadre di intervento, il rumore cupo ed intenso delle acque, frastuoni repentini ed indefinibili, l’aria che odorava di lezzi repellenti, furono sgradevoli compagni di interminabili ore di panico e rabbia. Il mattino di domenica 6 novembre aveva smesso di piovere, i corsi d’acqua erano praticamente rientrati negli alvei naturali, ma l’impatto che si ebbe con la realtà che aveva portato in vista la luce del giorno fu tremendo. Aree e strutture agricole, industriali, artigianali, scolastiche, sportive, ricreative spazzate dall’impeto delle acque e rese inutilizzabili; abitazioni civili parzialmente distrutte con parecchie persone evacuate; strade sventrate e divenute impercorribili; linee di tutte le utenze pubbliche interrotte; sistema fognario intasato, la Passerella divelta e portata via così come il monumento ai caduti. Ovunque cumuli di fango, detriti, macerie, alberi sradicati, carcasse di autoveicoli. Seguirono settimane di grande scompiglio con parecchie aziende impossibilitate a riprendere l’attività produttiva, con molti cittadini che avevano un piccolo o grande dramma da gestire, con le attività dei soccorsi giunti da ogni dove. L’amministrazione pubblica, vigorosamente da subito impegnata ad intraprendere il lungo e difficile cammino della ricostruzione, cercò anche di dare sostegno a chi tirava fuori le proprie energie e caparbietà per non soccombere moralmente ed economicamente. Dopo molti mesi si tornò alla normalità ed il ricordo di quei giorni foschi venne consegnato alla storia, mantenendo la consapevolezza della indispensabile attenzione da rivolgere costantemente al territorio.