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Si apprende la notizia da annotazioni scritte su una copia degli “Statuta Cevae” edita nel 1586 e conservata presso la Biblioteca Reale di Torino. Il proprietario del documento, il cittadino cebano Sadoco Camino (nominativo che fa pensare ad un’origine spagnola del medesimo) che, sul finire del Cinquecento, fu uno dei sindaci del quartiere di Garessio, aveva trascritto sui margini dei fogli gli avvenimenti che ritenne salienti relativi alle ultime decadi del Cinquecento e ai primi anni del Seicento.
Emerge il riassunto di un evento meteorologico di accentuata straordinarietà. Una nevicata di proporzioni eccezionali se comparata con la stagione in cui si verificò: tre palmi e mezzo, quindi ben oltre mezzo metro, il 3 maggio 1607, seguita da un’inconsueta brinata il giorno sette. I due fenomeni arrecarono gravi danni alle viti ed agli altri alberi da frutto tanto che la produzione fu totalmente compromessa. Così si espresse nei suoi appunti: Il detto anno 1607 alli 3 di magio casco parmi tre e mezo di fiocha: a li 7 sudetto la note casco gran bruna che le vite che aueano ono parmo e meze di toello | fittone, barba maestra delle piante | secorno tutte a fato e steteno sino a la fine del messe butorno asay ma non fecero uge nesune e per la detta bruna fu pocissimo frutto nesuno.
Una conferma sull’attendibilità di quanto riportato da Sadoco Camino perviene dagli scritti del saviglianese Giulio Cambiano di Ruffia che nel suo trattato Memorabili estranei annotò tutti i fatti di una certa rilevanza verificatisi in Piemonte dal 1542 al 1610 e appunto riferendosi al 1607 sottolineò una forte brinata a Savigliano, località sicuramente meno fredda di Ceva, il 21 aprile ... “la qual guastò tutta la foglia de’ moroni onde si è fatta molto poca seda nel Piemonte”.