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Il Marchesato di Ceva in epoca medioevale coniava denaro proprio a conferma della sua importanza sul piano politico. Si coniavano scudi, fiorini d’argento e d’oro e monete in rame per il commercio quotidiano del popolo. Ciò è attestato dalle monete pervenuteci e da vari documenti a partire dal 1351.
Non sono pervenuti documenti comprovanti da chi i marchesi Ceva ottennero il privilegio di battere moneta e quando l’officina fu aperta. Alcuni studiosi sostengono che probabilmente l’autorizzazione pervenne da Asti, quando il marchese Giorgio il Nano vendette il marchesato per esserne in seguito infeudato. Secondo alcune autorevoli tesi, i marchesi Ceva non fecero uso di tale privilegio fino al 1310, poiché in quell’anno una grida dell’imperatore Enrico VII bandiva molte zecche piemontesi e quella di Ceva non figurava. Il professor Gazzera ritiene che fosse una concessione dello stesso imperatore, data ai figli del Nano, quando andarono a rendere omaggio e fedeltà al re Carlo II di Napoli e conte di Provenza.
La Zecca fu dismessa nel 1379. Questo provocò alcuni problemi su come ottemprare ai contratti stipulati, infatti in un documento del 1387 si legge di una disputa su come pagare un debito al Marchese Oddone, figlio di Giorgio il Nano, da parte degli abitanti di Castellino. Morto Oddone, suo figlio Gioanni acquisì Castellino e pretese il pagamento del debito in fiorini di Firenze, mentre i debitori volevano pagare in fiorini di Ceva il cui valore era notevolmente inferiore. Infatti nel libro di Vincenzo Promis, Monete di Zecche Italiane, un fiorino d’oro di Ceva valeva sei soldi genovesi mentre quello di Firenze ne valeva ventotto.
La cosa interessante è che a Ceva si coniavano anche fiorini d’oro, dei quali non sono pervenuti esemplari. Fra quelle d’argento se ne conoscono alcune descritte dal professor Costanzo Gazzera, segretario dell’Accademia delle Scienze di Torino, nel trattato Delle Zecche di alcune rare monete degli antichi Marchesi di Ceva D’Incisa e Del Carretto pubblicato dalla Stamperia Reale nel 1833.
Il nome più presente sulle monete è quello del marchese Guglielmo Ceva, con l’accezione dal 1324 al 1326 che lo si trova insieme a Bonifacio Ceva. Non ci sono tracce di monete col nome di Giorgio il Nano.
Le monete descritte ed illustrate sono le seguenti:
1°
D’argento, peso den. 1,3 g, bontà d. 10 peso Torinese.
Dritto.
Area: scudo con lo stemma dei marchesi Ceva di tre fasce nere in campo d’oro con tre stellette una al di sopra e due altre ai lati dello scudo.
Lembo GVLLielmuS: ET: BONIFacius.
Rovescio.
Area: Croce con quattro stellette una per ciascun angolo.
Lembo: MARCHIONIBus: CEVE.
2°
Peso den. 1,23 g, bontà den. 10.
Dritto.
Area: scudo con lo stemma dei marchesi Ceva di tre fasce nere in campo d’oro con sopra un giglio ed ai due lati un globetto circondato da una linea serpeggiante, nei quattro angoli della quale sono quattro stellette.
Lembo: GulLielMus: FILius: DominI: NAni.
Rovescio.
Area: Croce trifogliata.
Lembo: MARCHIO: CEVE.
3°
Peso den. 1,5 g, bontà 10 circa.
Dritto.
Area: scudo con lo stemma dei marchesi Ceva di tre fasce nere in campo d’oro, semplice.
Lembo: GulLielMus: FILius: DominI: NAni.
Rovescio.
Area: Croce.
Lembo: MARCHIO: CEVE.
4°
D’argento.
Di proprietà dell’avvocato Carrara di Cortemiglia nell’800.
Dritto.
Area: l’arma gentilizia attorno a cui sta un circolo a punti con la leggenda.
Lembo: GL. M : P : PL : DI : N. Sembra che si debba correggere così: GLM. FIL . DI. NI.
Rovescio.
Area: una croce con la leggenda MARCHIO. CEVE.
L’Olivero descrive un’altra moneta di proprietà del cultore d’Archeologia, Teologo Antonio Bosio nell’800. Essa è d’argento larga come una pezza da cent. 50: in mezzo vi è lo scudo con tre fasce; lo scudo è circondato da tre circoli negli angoli interni nei quali vi sono le lettere G. B. N., cioè Guglielmus, Bonifacius, filii Nani; negli angoli esterni vi sono due croci piccole, o piuttosto gigli: i caratteri sono semi gotici. Trovata a Millesimo. Il rovescio è cancellato. Riconosciuta di Ceva, anche dall’abate Gazzera.
Attualmente si ha notizia dell’esistenza di alcuni esemplari che si trovano nella nostra città.
Lo stemma della nostra Associazione è tratto dalla moneta coniata dalla zecca cebana, comprata all’asta di San Marino a fine degli anni ’90, di proprietà del Banco Azzoaglio.
La moneta riporta il nome di Guglielmo, di cui si intravedono alcune lettere sul lembo e nell’area centrale vi è lo stemma dei marchesi Ceva. Sul retro vi è la croce.