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La proposta di istituire una “Squadra Pompieri” a Ceva, avanzata dal consigliere comunale Natale Musso, venne esaminata dal Consiglio comunale nella seduta del 7 maggio 1893. Nella riunione della Giunta municipale del 16 maggio successivo venne dato mandato ad un’apposita commissione, formata dallo stesso Musso Natale e da Boasso Ugo e Oddone Mario, di provvedere all’estensione di un idoneo Regolamento. Nella stessa adunanza si stabilì di stanziare la somma di 1.500 lire per l’acquisto di una nuova pompa. Le “Norme di Regolamento per la istituzione di una squadra pompieri” vennero approvate dal Consiglio comunale nel gennaio del 1894 e dalla Giunta provinciale nel luglio successivo.
Questo insieme di disposizioni constava di diciannove articoli che riguardavano la composizione del gruppo, gli incarichi all’interno del medesimo, i requisiti e gli obblighi degli addetti, i servizi e le dinamiche di intervento, le indennità ed i compensi, le incombenze a carico della collettività. La “Squadra di Guardie-Fuoco” era composta da nove effettivi e da dieci allievi, tutti sotto la vigilanza dell’autorità municipale. Si preferiva inserire nella squadra coloro che esercitavano l’attività di muratore, falegname, ferraio, lattoniere, macchinista e simili. Il segnale di allarme o di riunione veniva dato dal suono di una campana del duomo o da un tamburo o trombettiere, scelto tra i componenti del corpo e con speciale riguardo agli ex militari trombettieri.
La nomina del Capo-squadra, che doveva saper leggere e scrivere ed essere in grado di redigere un verbale, e delle Guardie spettava alla Giunta municipale. Queste al momento dell’entrata in servizio dovevano avere un età compresa tra venti e trentacinque anni e potevano restarvi fino ai cinquant’anni purché in costante abilità fisica.
Oltre all’estinzione degli incendi la squadra pompieri era tenuta a prestare tutti quei servizi, definiti precauzionali, che erano individuati dal municipio od ordinati dal capo-squadra: presenziare alle pubbliche funzioni, alle distribuzioni dei premi, nei teatri, durante i fuochi artificiali, per servizi di polizia e pubblica sicurezza. Parimenti le guardie dovevano intervenire alle esercitazioni ed istruzioni, che generalmente si svolgevano la domenica pomeriggio, onde addestrarsi nell’uso delle trombe idranti e degli attrezzi in dotazione. In servizio i pompieri dovevano indossare la divisa che consisteva in una blusa di cotone e pantaloni larghi di fustagno color turchino e berretto con visiera rossa. Veniva riconosciuta dal comune una gratificazione annua di lire 60 per il capo-squadra e di lire 30 per ciascuna guardia. Inoltre, in base agli interventi effettuati, agli stessi spettavano quei compensi che potevano derivare dalle somme sborsate dalle compagnie assicuratrici e dai proprietari degli stabili colpiti dai sinistri, dedotte le spese per le eventuali riparazioni e manutenzioni delle attrezzature utilizzate. Parte dell’acqua indispensabile per l’estinzione degli incendi nel centro abitato veniva attinta dalle “bocche a fuoco” derivate dalle fontane pubbliche, che in Città a quel tempo erano una quindicina.
Nel mese di aprile del 1899 il Consiglio comunale deliberò l’acquisto dalla ditta Balladori di Torino di una “tromba da incendio” nichelata della portata di 170 litri al minuto, con getto orizzontale da 20 a 28 metri, montata su un carretto a due ruote con molle, munito di timone per traino a mano e barre per traino a cavallo, con due sedili su cui potevano trovare posto sei uomini. Con una modifica al Regolamento, nel mese di novembre 1899 il Municipio stabilì di assicurare contro gli infortuni derivanti dagli esercizi e lavori di spegnimento incendi tutti i volontari facenti parte della Squadra Pompieri.
Nel mese di ottobre 1905 venne provvisto da parte del Consiglio comunale l’acquisto di una pompa ad azione automatica per il primo aiuto in caso di incendio, particolarmente adatta per stabilimenti industriali, filande e tessiture meccaniche, teatri, ospedali, depositi di merci. Con deliberazione della Giunta dell’ottobre del 1906 venne delegato l’assessore supplente signor Bezzone Giuseppe a presiedere e dirigere la Squadra Pompieri. Da una deliberazione della Giunta del marzo 1910 si evince che a quel tempo la squadra della Guardie a fuoco era composta dai signori: Benedetto Luigi, Bezzone Lorenzo, Boasso Domenico, Bruno Giovanni, Ferro Vincenzo, Donadei Antonio, Grasso Anselmo, Perotti Giuseppe e Viglierchio Carlo. Con successivo provvedimento del mese di maggio dello stesso anno venne individuato come Capo-squadra il signor Bezzone Lorenzo. Nel mese di novembre entrarono a far parte del Corpo anche i signori Baiocchi Pietro, Bavutti Defendente, Bruno Giò Batta e Consiglio Battista. Abbastanza frequenti erano in quegli anni i provvedimenti del municipio per l’acquisto e l’adeguamento delle attrezzature in dotazione alla Squadra.
Con un’ulteriore modifica al Regolamento nel mese di febbraio 1911 venne stabilito di corrispondere annualmente alla Squadra Pompieri un compenso di lire 100 da suddividersi in parti uguali tra il capo, il sotto-capo e le otto guardie effettive e di assegnare ai medesimi, dedotte le spese occorrenti alle riparazioni delle attrezzature in dotazione, anche tutti quei compensi che derivavano dalle indennità delle Società assicuratrici, dalle concessioni di pompe ed attrezzi ai privati, dagli importi delle multe provenienti dalla trascuranza nella spazzatura dei camini.
Gli interventi oltreché sul territorio comunale di Ceva venivano effettuati anche nei paesi vicini. Dal 1927 a coordinare il gruppo degli otto volontari venne nominato il signor Francesco Ferro, che avrebbe mantenuto l’incarico per ben quarantuno anni, fino al 1968. Intanto era stata data in dotazione una Fiat Campagnola r51, che veniva custodita in un garage di via Pallavicino mentre il segnale di allarme era dato dal suono di una sirena installata sul tetto del palazzo comunale, che già era stata utilizzata per le segnalazioni di imminente pericolo durante l’ultima guerra.
Dal 1968 subentrò come responsabile il signor Silvio Bezzone, coadiuvato dai due capi-squadra Silvio Amerio e Gianfranco Merlino. Il nucleo si componeva di quattordici vigili, tutti volontari, ma che al momento dell’entrata in servizio assumevano la funzione di vigili del fuoco ufficialmente riconosciuti dal Ministero degli Interni, Divisione Servizi Antincendi.
La sede dei pompieri venne trasferita in via al Forte ed il gruppo, strutturato in Distaccamento, fu dotato di un’autobotte della capacità di 2000 litri modello Fiat Om 40.
Nel 1977 vi fu il trasferimento in alcuni locali della caserma Galliano, da qualche anno abbandonata dagli alpini, e l’autobotte venne sostituita con un’altra di maggiore capacità (3200 litri), modello Fiat Om APS 150, già utilizzata presso il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Cuneo, con dotazione per l’uso dell’acqua anche in alta pressione.
Verso la metà degli anni Ottanta cambiò il sistema di allertamento. Si poteva comporre telefonicamente il 115 oppure chiamare il centralino dell’Ospedale di Ceva, servizio pubblico in città in cui era garantita la continua presenza di un operatore nelle 24 ore, da dove era possibile azionare la sirena del municipio. L’allarme con la sirena aveva un triplice significato: un suono prolungato era per un intervento sul territorio comunale, due suoni prevedevano un servizio fuori Ceva e tre suoni segnalavano un incendio boschivo e servivano anche come chiamata per le Guardie forestali.
Dal 1° gennaio 1988 entrò in funzione un sistema di reperibilità 24 ore su 24 che prevedeva la disponibilità di una squadra composta da un autista e tre vigili. A quel tempo per avere la facoltà di diventare vigile del fuoco volontario occorreva aver effettuato il servizio militare e superare una visita di idoneità, dopodiché si accedeva ad un corso di istruzione sulle norme antincendio e di addestramento per lo spegnimento presso il Comando provinciale. I vigili volontari di Ceva avevano anche competenza su un tratto dell’autostrada Torino-Savona in caso di incidenti. Il 1° marzo 1989 venne nominato capo-distaccamento il capo-squadra Silvio Amerio, che sarà poi promosso capo-reparto nel dicembre 2000, con le funzioni di vice-capo affidate a Gianfranco Merlino.
Dopo l’alluvione del 1994 la sede venne trasferita in strada Malpotremo e l’autobotte sostituita con un Fiat Om APS 160 ancora attualmente in dotazione. Inoltre con l’intervento finanziario del Lyons Club distretto di Mondovì e della ditta Maxi Ferramenta di Ceva fu possibile provvedere all’acquisto di un Fiat Ducato dotato di un serbatoio da 400 litri e di tutta l’attrezzatura per il polisoccorso, indispensabile per gli interventi per incidenti stradali. Con offerte raccolte tra la cittadinanza di Ceva il parco automezzi fu ulteriormente migliorato con una Land Rover Defender che andò a sostituire la vecchia Fiat Campagnola.
Il 2 settembre 2005, per raggiunti limiti di età, il capo-distaccamento Silvio Amerio venne sostituito dal Capo squadra Mario Basso che manterrà la responsabilità del distaccamento fino al 29 novembre 2014 dopodiché, anch’egli per limiti di età, sarà rimpiazzato dall’attuale responsabile Dario Sartore.
L’11 marzo 2009 è stata fondata un’associazione no-profit denominata “Amici dei Vigili del Fuoco” ed intitolata a Davide Amerio, prematuramente scomparso, che oltre che impegnato nel settore motociclistico a livello mondiale fu anche per diversi anni vigile volontario in forza al distaccamento. Tutti i proventi derivanti dai tesseramenti e dalle iniziative dell’associazione vengono destinati al miglioramento della funzionalità del distaccamento cebano. Ciò, unitamente al contributo del locale Banco Azzoaglio, ha consentito recentemente di dotare i vigili di un nuovo automezzo, un pick up Ford Ranger Euro 5 accessoriato per il polisoccorso.
Nel mese di febbraio 2015 il distaccamento è stato oggetto di una nuova ubicazione, l’attuale sede è presso alcuni locali dell’ex stabilimento ILSA in piazza don Bado.
Ogni 4 dicembre, in occasione della festività di Santa Barbara, patrona dei vigili del fuoco, gli automezzi e le attrezzature a disposizione vengono esposte e benedette.