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Associazione Ceva nella Storia - MANCATA COSTRUZIONE DEL MONASTERO DEI DOMENICANI

MANCATA COSTRUZIONE DEL MONASTERO DEI DOMENICANI     Torna all'indice


Nell'inverno del 2011 Michele Cocca, socio di Ceva nella Storia e coautore del libro Ceva - Chiese Palazzi Monumenti, durante alcune ricerche d’archivio rinvenne una piantina, sconosciuta e sorprendente, disegnata dal celebre architetto Amedeo Cognengo di Castellamonte (1613-1683) il 14 luglio 1673. Questo spaccato di storia cebana, che si è sviluppato per un lungo lasso di tempo nel Seicento, non viene però evidenziato dall’Olivero e di conseguenza dagli altri storici successivi. La scoperta ribadisce che parecchi aspetti, anche significativi, della storia locale sono ancora celati e sottolinea ulteriormente il prestigio del Marchesato di Ceva in quel periodo. Infatti architetti di fama eccelsa si occuparono della Città, ad iniziare da Guarino Guarini, per la stesura del progetto dell’Ospedale e della chiesa dell’Arciconfraternita di Santa Maria e Santa Caterina, proseguendo poi con Carlo e Michelangelo Morello, per l’ampliamento del Forte e altre opere di difesa, per finire con Amedeo Castellamonte, ingegnere ducale, che mostrò il suo genio architettonico tra Torino e Venaria Reale.

Da vari documenti ritrovati negli archivi parrocchiali e comunali, emerge la vicenda di più di 40 anni di trattative, condite da litigi, sentenze ed arbitrati episcopali, ordini ducali, per la fondazione del “quinto” convento cebano, però mai realizzato. Si trattava della costruzione di un monastero dell’Ordine Domenicano, che avrebbe trasferito a Ceva alcuni monaci da Garessio.
Il 25 maggio 1633, con istrumento rogato dal notaio Francesco Morrelli, Agostino Reijnero dei Poggi di Ceva fece donazione di tutti i suoi beni ai padri dell’Ordine dei Predicatori del convento di San Vincenzo di Garessio, Domenicani, affinché istituissero in Ceva un loro cenobio e provvedessero all’insegnamento della Dottrina Cristiana.
L’amministrazione civica non si attivò per la parte che le competeva e costantemente privò i religiosi delle rendite dei beni posseduti, tanto che nel 1656, venne condannata a dare ai frati quanto loro spettante. Dopo vari ricorsi, nel 1673, la Città dovette soccombere legalmente in maniera definitiva ed erogare i profitti mai versati ai religiosi. Contestualmente si auspicava che fosse dato avvio alle procedure per la progettazione e l’edificazione del nuovo convento. Infatti, Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, Madama Reale (1613-1683), duchessa di Savoia, reggente per il figlio Vittorio Amedeo II, inviò l’architetto di Corte, Amedeo Castellamonte a Ceva, il quale disegnò la superficie che avrebbe occupato il fabbricato.
L’area necessaria doveva essere acquisita al borgo Sottano, tra la riva del Castello e il torrente Cevetta. Questa fonte documentale, prima mappa proto-catastale di Ceva pervenuta, rappresenta uno stralcio planimetrico di una parte del borgo Inferiore.

Questa è una testimonianza utile a comprendere oggi il tessuto urbano di quel periodo, che portava ancora una marcata impronta medioevale. Nel 1676, nonostante il possesso dei beni e i redditi conseguenti fossero confermati da un atto della duchessa medesima, i Domenicani non poterono avere il loro monastero a Ceva, non solo per la noncuranza dell’amministrazione municipale, ma probabilmente anche a causa delle opposizioni degli altri ordini presenti in città. Gli importanti eventi storici successivi, con l’ascesa al potere sabaudo di Vittorio Amedeo II (guerre del sale, ribellione e guerra con la Francia. guerra di successione spagnola), portarono ad abbandonare definitivamente l’iniziativa anche da parte ducale.