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Associazione Ceva nella Storia - 01. Le origini di Ceva

01. Le origini di Ceva     Torna all'indice


L’origine etimologica del nome “Ceva”, la consistenza ed importanza dei suoi primi nuclei abitati, la loro collocazione geografica sono stati nel tempo oggetto di numerose ricerche, approfondimenti, ipotesi e dibattiti non solo da parte di cultori di storia locale, ma anche di studiosi di chiara fama.
Una delle questioni principali e più controverse è stata e continua ad essere l’effettiva “romanità” di Ceva.
In questo contesto alcuni storici nei loro saggi, ampi e ragionati, hanno avanzato dubbi sulla certezza dell’esistenza, in epoca romana, sul territorio attualmente occupato dalla Città di un considerevole agglomerato urbano, mettendo anche in discussione la concreta pertinenza con l’argomento dei due più remoti riferimenti scritti: il ... caseo ... Cebanum, il formaggio menzionato da Gaio Plinio Secondo il Vecchio nella sua Naturalis Hitoria e la citazione di Lucio Giunio Moderato Columella riferita alle ... vaccae ... Cevas appellant, le mucche chiamate Ceve, nel De re rustica. Altri storiografi invece, suffragando le loro supposizioni con articolate argomentazioni, sono venuti nella determinazione che Ceva abbia potuto essere non soltanto un semplice complesso di case e terreni, un modesto villaggio rurale (vicus), ma un municipio romano, una comunità cittadina, di gentes della tribù Publilia, legata a Roma, ma con i suoi livelli di autonomia e le sue istituzioni. Certo è che, allo stato attuale, Ceva non risulta essere stata conosciuta da alcuno scrittore antico romano, prima e dopo Plinio.
Se si esclude la lapide rinvenuta a Monesiglio citata dall’epigrafista tedesco dell’Ottocento Theodor Mommsen sulla quale è menzionato tal L. Didius Caeva e il cippo terminale di epoca cristiana rinvenuto in contrada Valgelata, ma già lì destinato ad altro uso, nessuna iscrizione, nessun rudere di edificio o di ponte, nessun tratto di strada, nessun genere di documento scritto o figurato, si è mai rinvenuto nell’ambito territoriale ora occupato dalla Città e nelle immediate vicinanze, per avvalorare senza perplessità le origini romane di Ceva.
Alcuni fregi, per lo più in arenaria, che possono essere fatti risalire all’alto medioevo, riutilizzati come elementi decorativi sulle facciate di alcune case del centro storico e del borgo Sottano, stanno ad attestare una qualche forma di occupazione abitativa delle medesime aree nei secoli successivi, durante i quali, se centro abitato fu, non poté che subire la stessa sorte di tutti gli altri luoghi dell’Italia settentrionale: devastazioni, saccheggi, rovine da parte di barbari prima e saraceni poi. Di tutto ciò però non si sono rinvenute per ora asserzioni documentali. Ceva compare pertanto all’orizzonte della storia soltanto dopo l’anno mille. “Ancora alquanto confusa”, a detta dell’autore che la menziona (padre Arcangelo Ferro), è la prima testimonianza che si riferisce a vari esemplari di un atto di una donazione fatta al monastero delle monache di Caramagna nel 1028, in cui tra i vari beni ceduti compaiono anche “cinque mansi in Seva”. Inconfutabile è invece quella del 1064, in un atto di Adelaide di Susa che dona ai Benedettini, in occasione della fondazione della loro abbazia di Pinerolo, un manso in Ceva (infra villam Cevam, qualche autore scrive intra) con mulini, battenderi (macchinari per infeltrire la lana) e una cappella intitolata a sant’Andrea. Questo comprova che in quel periodo un nucleo abitato denominato Ceva era sito sulla sponda sinistra del Tanaro, compreso quindi nella marca Arduinica. Di li a poco sarebbero comparsi gli Aleramidi ed Anselmo, quartogenito di Bonifacio del Vasto, stabilendosi sulla bicocca tra il Tanaro ed il Cevetta, avrebbe dato vita al marchesato di Ceva.
Ormai è quasi certa l’impossibilità di rinvenire ulteriori consistenti tracce del remoto passato, sia in testimonianze documentali che in reperti archeologici. Uno dei lavori che potrebbero essere presi in considerazione come obiettivo sarebbe pertanto quello di mettere a confronto, stante che sono state rese manifeste dagli autori in maniera ed in tempi diversi, le varie contrastanti interpretazioni circa le origini di Ceva andando a condensare il tutto in una corposa esposizione cronologica ed analitica, senza obbligatoriamente, non disponendo come anzidetto di nuovi elementi di riscontro, convalidare le idee e le opinioni degli uni o degli altri. Si potrebbe poi proseguire con uno studio sul progressivo inurbamento dell’altura ove era posto il primo castello aleramico, sulla cittadella fortificata che ivi si formò e sulla successiva espansione nelle aree sottostanti, quelle oggi occupate dal Centro storico.