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Associazione Ceva nella Storia - 05. La zecca del Marchesato di Ceva

05. La zecca del Marchesato di Ceva     Torna all'indice


Il Marchesato di Ceva in epoca medioevale aveva il diritto di battere moneta a conferma della sua importanza sul piano politico. Si coniavano scudi, fiorini d’argento e d’oro e monete in rame per le contrattazioni quotidiane tra il popolo. Ciò è comprovato da alcuni esemplari pervenutici e da vari documenti a partire dal Trecento.
Non si è a conoscenza di attestazioni che testimonino da chi i marchesi Ceva ottennero il privilegio di fondare una zecca e quando l’officina fu aperta. L’opinione di alcuni studiosi è che l’autorizzazione possa essere pervenuta dal comune di Asti, al tempo in cui il marchese Giorgio II il Nano vendette il marchesato per esserne in seguito infeudato a sua volta. I marchesi Ceva fecero uso di tale privilegio solo dal 1310.
La Zecca fu attiva fino al 1379. Alla sua dismissione sorsero diversi problemi su come ottemperare a contratti stipulati. In un documento del 1387 infatti si legge di una disputa su come far fronte ad un debito con il marchese Oddone, figlio di Giorgio il Nano, da parte degli abitanti di Castellino. Morto Oddone, il figlio Gioanni acquisì Castellino pretendendo il pagamento dell’obbligo in fiorini di Firenze, mentre i debitori volevano saldare con fiorini di Ceva il cui valore era notevolmente inferiore. Infatti come si evince dal testo di Vincenzo Promis, Monete di Zecche Italiane, un fiorino d’oro di Ceva valeva sei soldi genovesi mentre quello di Firenze ne valeva ventotto.
Di questi fiorini d’oro però non sono pervenuti esemplari.
Fra le monete d’argento se ne conoscono alcune descritte in un trattato del 1833 del professor Costanzo Gazzera, segretario dell’Accademia delle Scienze di Torino. Il nome che compare più sovente su di esse è quello del marchese Guglielmo Ceva, salvo dal 1324 al 1326 quando lo si trova insieme a Bonifacio Ceva. Non ci sono tracce invece di monete col solo nome di Giorgio il Nano.

Le monete descritte ed illustrate sono le seguenti:


D’argento, peso den. 1,3 g, bontà d. 10 peso Torinese.
Dritto.
Area: scudo con lo stemma dei marchesi Ceva di tre fasce nere in campo d’oro con tre stellette una al di sopra e due altre ai lati dello scudo.
Lembo GVLLielmuS: ET: BONIFacius.
Rovescio.
Area: Croce con quattro stellette una per ciascun angolo.
Lembo: MARCHIONIBus: CEVE.


Peso den. 1,23 g, bontà den. 10.
Dritto.
Area: scudo con lo stemma dei marchesi Ceva di tre fasce nere in campo d’oro con sopra un giglio ed ai due lati un globetto circondato da una linea serpeggiante, nei quattro angoli della quale sono quattro stellette.
Lembo: GulLielMus: FILius: DominI: NAni.
Rovescio.
Area: Croce trifogliata.
Lembo: MARCHIO: CEVE.


Peso den. 1,5 g, bontà 10 circa.
Dritto.
Area: scudo con lo stemma dei marchesi Ceva di tre fasce nere in campo d’oro, semplice.
Lembo: GulLielMus: FILius: DominI: NAni.
Rovescio.
Area: Croce.
Lembo: MARCHIO: CEVE.


D’argento.
Di proprietà dell’avvocato Carrara di Cortemilia nell’800.
Dritto.
Area: l’arma gentilizia attorno a cui sta un circolo a punti con la leggenda.
Lembo: GL. M: P: PL: DI: N. Sembra che si debba correggere così: GLM. FIL. DI. NI.
Rovescio.
Area: una croce con la leggenda MARCHIO. CEVE.

L’arciprete Olivero descrive un’altra moneta, nell’Ottocento di proprietà del cultore di Archeologia, teologo Antonio Bosio.
Essa è d’argento larga come una pezza da 50 centesimi; in mezzo vi è lo scudo con tre fasce; lo scudo è circondato da tre circoli negli angoli interni, nei quali vi sono le lettere G. B. N., che stanno ad indicare Guglielmus, Bonifacius, filii Nani; negli angoli esterni vi sono due croci piccole, o piuttosto gigli; i caratteri sono semi gotici. Venne rinvenuta a Millesimo; il rovescio è cancellato e fu riconosciuta di Ceva anche dall’abate Gazzera.

Attualmente si ha notizia che nella nostra città, presso privati, sono custoditi alcuni esemplari.
Il logo di Ceva nella Storia è tratto da una moneta coniata dalla zecca cebana, aggiudicatasi dal Banco di Credito Paolo Azzoaglio ad un’asta a San Marino alla fine degli anni Novanta. La moneta riporta il nome di Guglielmo, di cui si intravedono alcune lettere sul lembo e nell’area centrale vi è lo stemma dei marchesi Ceva. Sul retro è raffigurata una croce patente.
In termini di ricerche si richiede una dettagliata indagine storica sulla zecca del Marchesato e sull’insieme delle monete coniate dalla medesima, al fine di addivenire ad un approfondimento sulla materia maggiore di quello fornito dalle poche trattazioni sull’argomento finora conosciute, anche con eventuali riferimenti e confronti con quelle che furono le produzioni di zecche dei marchesati viciniori in auge ai tempi dell’attività di quella cebana, come furono quelli degli Incisa, dei del Carretto, di Savona, ecc.