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Associazione Ceva nella Storia - 25. Andamento demografico e fenomeni migratori

25. Andamento demografico e fenomeni migratori     Torna all'indice


Non si dispone di statistiche che possano riferire con precisione l’entità della popolazione nel medioevo. Sicuramente a partire dall’insediamento dei marchesi aleramici nel XII secolo e tenuto conto dello sviluppo urbanistico in quelli immediatamente successivi, si assistette ad un costante e cospicuo incremento, tanto che da quel piccolo borgo rurale, che quasi certamente era stata nel primo millennio, Ceva divenne una vera e propria città. L’Olivero nelle sue Memorie Storiche riferiva le cronache delle inondazioni del Cinquecento e del Seicento a causa delle quali, in due occasioni, morirono circa 1500 persone. Anche se si può ritenere un po’ esagerata questa valutazione si può comunque dedurre come il numero degli abitanti fosse considerevole.
Da una relazione dell’arciprete Onorato Mari del 1728 risultava che in quel tempo facevano capo alla parrocchia di Ceva 2316 anime per cui, aggiungendo le poche centinaia che si potevano contare nelle parrocchie delle frazioni Mollere, Poggi San Siro e Poggi Santo Spirito, si può ritenere che l’intera popolazione del comune nella prima metà del Settecento non passò mai le tremila unità. Progressivamente si registrò una leggera crescita, ma, oltre ad una mortalità infantile ancora molto elevata, piuttosto sovente come si è visto intervenivano fattori esterni a far ridurre drasticamente il numero. Non erano soltanto gli eventi calamitosi naturali che influivano impietosamente, ma anche le guerre, le invasioni e le occupazioni dei nostri territori, con le carestie e le epidemie che a queste facevano seguito. A tal proposito molto significativi sono i dati riguardanti i tassi di mortalità negli anni a cavallo del XVIII e XIX secolo eccezionalmente consistenti, con una punta di 614 decessi nel 1800, a causa di ristrettezze alimentari e del continuo transito e stanziarsi di soldatesche che favorivano il propagarsi di malattie contagiose. Passato il periodo di dominazione francese, il fiorire di una piccola economia industriale formata soprattutto dall’attività di filande e filatoi, favorì un’immigrazione dalla montagna e dalle campagne dei paesi circostanti tant’è che in occasione del censimento del neonato regno d’Italia nel 1861 si contavano in città 4454 abitanti e nell’arco di un ventennio divennero 5864. Si assistette poi ad una crisi nel settore tessile che, unita alla mancanza di lavoro anche nelle campagne, a causa dell’eccessivo frazionamento della proprietà terriera che rendeva difficoltosa l’introduzione di tecniche agricole più moderne, favorì i primi massicci fenomeni di emigrazione soprattutto verso la Francia e le Americhe. Nel 1901 infatti si contavano solo più 5034 residenti. Le guerre d’Africa e la prima guerra Mondiale fecero molte vittime anche tra i cebani, così come l’epidemia spagnola del 1919, ma l’esser diventata Ceva un centro commerciale di rilievo, grazie anche allo sviluppo della rete ferroviaria e di quella stradale, fece sì che nel 1921 gli abitanti raggiungessero il numero più alto della storia della città, 6054. Ci fu nuovamente un leggero calo nel periodo fascista e gli effetti dell’ultima guerra, con le conseguenti crisi occupazionali ed il progressivo abbandono delle campagne, ridussero la popolazione nel 1961 a 5052 unità. Negli anni del boom economico la scarsa industrializzazione delle nostre zone non contribuì ad un aumento rapido della popolazione come avvenne in molte altre località del Piemonte, che furono invase dai massicci flussi migratori dall’Italia meridionale. La progressione verso gli attuali 5800-5900 abitanti fu molto lenta. Negli ultimi trentacinque anni il numero dei residenti non è più calato, nonostante si mantenga cospicuo quello delle emigrazioni delle giovani leve in cerca di occupazione. Questo è stato possibile in conseguenza di un modesto afflusso dai paesi limitrofi, che si sono progressivamente spopolati, ma soprattutto da una consistente ondata migratoria dal Marocco e da altri paesi africani e dagli stati dell’est europeo. Queste etnie rappresentano ormai quasi il 15% della popolazione.
Con l’ausilio dei registri parrocchiali riferiti alle nascite, ai matrimoni, ai decessi e agli stati d’anime che forniscono anche dati anteriori al Settecento, integrati da quelli a disposizione nell’archivio comunale a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento, sono proponibili analitiche indagini demografiche che possono fornire anno per anno l’esatto andamento dei movimenti della popolazione, le cause degli scostamenti statistici, la tipologia dei soggetti immigrati ed emigrati e facilitare le previsioni delle situazioni future a breve e lungo termine.