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Associazione Ceva nella Storia - 30. Agricoltura e allevamento

30. Agricoltura e allevamento      Torna all'indice


L'agricoltura è stata una delle tappe più importanti nella storia dell'umanità in quanto ha consentito di modificare radicalmente le sue forme di vita, registrando l'abbandono del nomadismo e favorendo la nascita di nuclei stanziali con una conseguente nuova organizzazione dell’economia, dei rapporti sociali e della struttura politica. La coltivazione della terra è stata il primo significativo tentativo dell'uomo di controllare e dominare la natura. Anticamente nell’ambito mediorientale ed europeo si coltivavano cereali (grano, orzo, segale, avena), alcuni ortaggi e le piante più tipiche e diffuse erano l’olivo e la vite.
La scoperta dell'America portò ad una svolta anche in campo agricolo con l’introduzione di nuovi prodotti come il pomodoro, il granoturco, il cacao, la patata.
Le origini dell'agricoltura risalgono a quando l'uomo primitivo iniziò la semina spinto dall’osservazione dei cicli vitali delle piante: la conservazione di una parte dei semi raccolti e la loro successiva piantagione costituirono il primo passo nella coltivazione della terra. La raccolta presupponeva la capacità, basata sull'esperienza, di riconoscere i prodotti della terra commestibili da quelli velenosi. Forse la ricchezza delle pianure occupate da alcuni grandi fiumi, l'abbondanza di cacciagione e di pesce, oltre che di frutti stagionali, furono all'origine della progressiva sedentarietà di alcuni gruppi. Infatti nacquero i primi insediamenti fissi e si svilupparono le prime forme di artigianato.
La nascita delle tecniche di sfruttamento pianificato della terra portò una rivoluzione nell'alimentazione e nelle abitudini di vita. Col passar del tempo furono introdotti i primi rudimentali strumenti per facilitare la lavorazione dei terreni ed un altro balzo in avanti fu l'irrigazione artificiale dei campi. In origine, infatti, la coltivazione prevedeva la semplice semina e l'apporto di acqua era fornito da fenomeni naturali, a volte troppo abbondanti altre troppo scarsi.
Ben presto furono introdotte le pratiche della concimazione e della rotazione dei terreni.
L'agricoltura fu dunque la principale causa della nascita delle prime società stanziali da cui derivarono altre attività, come il commercio e nuove forme di organizzazione sociale che diedero origine ai primi regni con una struttura piramidale, che vedeva al vertice i guerrieri, poi la casta sacerdotale e, in fondo, gli agricoltori. Questo modello durò per alcuni millenni, finché si arrivò al sistema del latifondo, che rivoluzionò la geografia di ampi territori.
La terra rimaneva di proprietà del signore e veniva data in affitto con precisi impegni da parte dell'affittuario. Se la centuriazione di età romana portò a una prima momentanea accelerazione delle coltivazioni in molte pianure europee, una seconda radicale trasformazione si ebbe a partire dal X secolo con l'affermarsi del movimento monastico.
La rivoluzione agricola di origine monastica portò non solo ampie ricchezze ai monasteri, i cui possedimenti grazie alle donazioni dei nobili erano spesso vastissimi, ma anche a un più generale sviluppo della società. Nonostante le ricorrenti guerre, carestie e pestilenze, fu il costante impegno dei monaci e dei laici al loro servizio a contribuire in maniera decisa a far uscire la civiltà occidentale dai cosiddetti secoli bui dell'Alto Medioevo. Alcuni nuovi prodotti comparvero nelle campagne e poi sulle tavole degli europei come il riso, importato dall'Oriente tra il XIII e il XIV secolo; in questo periodo si sviluppò anche l’allevamento del baco da seta, che rendeva i mercanti italiani più indipendenti dalle importazioni delle preziose sete d'Oriente.
Nel XVII secolo alle rotazioni biennali furono sostituite quelle triennali, alternando due tipi di raccolti.
Un altro cambiamento significativo nella coltivazione della terra avvenne tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo con l'avvento delle macchine e la diffusione dell’energia elettrica, che con la refrigerazione dei prodotti rese possibile la loro conservazione ed il trasporto anche a lunghe distanze.
A partire dal dopoguerra il lavoro nei campi andò lentamente riducendosi occupando attualmente in Italia poco meno di un milione di addetti. Al semplice contadino si è affiancato, e lo sta progressivamente sostituendo, l'imprenditore agricolo che coltiva centinaia di ettari di proprietà o in affitto e che ha trasformato l'agricoltura quasi in un'industria, con dipendenti specializzati e generici, macchine e tecnologie sempre più sofisticate. Ovviamente questo si rende possibile solo nelle grandi zone pianeggianti. Il massiccio impiego della chimica in agricoltura ha permesso una più efficace difesa delle seminagioni e dei raccolti, ma introduce nell'ambiente pericolosi veleni. Allo scopo di ottenere prodotti della terra sempre migliori e ridurre contemporaneamente l'impiego di prodotti chimici, si è intrapresa la strada di un sempre maggiore perfezionamento delle tecniche di selezione. Oggi l'ultima frontiera della sperimentazione è rappresentata dalle biotecnologie.
Parallelamente all’agricoltura esiste quell’attività chiamata allevamento che consta nel mantenimento e nella riproduzione di animali, anche di piccole dimensioni come le api o i bachi da seta, al fine di ricavarne un utile che può consistere in cibo, pellame, pellicce, aiuto nel lavoro o commercio. Questo ha un’origine molto remota, con tutta probabilità precedente a quella agricola. L’allevamento, considerato come l’evoluzione organizzata della caccia, è stato nel tempo sia complementare che in contrapposizione all’agricoltura, in quanto da una parte sfruttava quella porzione di prodotti non commestibili o poco nutrienti per l’uomo e dall’altra sottraeva alle coltivazioni vaste aree che erano adibite a pascoli. Questo fino a quando, anche grazie all’introduzione dei mangimi chimicamente composti, si passò alle tecniche di allevamento in stalla. Ancor oggi però, nel periodo estivo, per alcuni tipi di animali, resta in esercizio lo spostamento di greggi e mandrie in pasture di montagna non atte alla coltivazione, il cosiddetto alpeggio.
Per quanto riguarda la zona del cebano, a dar credito agli storici che ipotizzano che le vaccae di Columella, le mucche chiamate cevas, e il caseo cebanum, il formaggio descritto da Plinio il Vecchio, abbiano attinenza con la storia di Ceva, parrebbe evidente che l’allevamento bovino ed ovino fosse già particolarmente diffuso nei nostri territori fin dai tempi di Roma antica. L’agricoltura da parte sua ha potuto evolversi nei modi che le poche zone pianeggianti e i piuttosto impervi territori circostanti lo consentivano, quindi non in maniera latifondistica od estensiva. A partire dalla metà del secondo millennio si cominciò a dissodare anche vaste aree nei pendii, precedentemente in prevalenza boschive, ricavandone terreni da coltivazione, da pascolo e vigneti. Ovviamente nel tempo la resa ha dovuto confrontarsi con le caratteristiche e la natura del suolo, con l’altitudine, con l’esposizione al sole, con le possibilità di irrigazione. L’agricoltura quindi dalle nostre parti quasi mai ha apportato particolari ricchezze ed agi ai coltivatori, ma è risultata comunque fino a qualche decennio fa la fonte primaria di sostentamento per il maggior numero delle famiglie.
Il professor Casalis a metà Ottocento nel suo Dizionario Geografico Storico Statistico Commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna scriveva che il territorio produceva ogni sorta di cereali, in special modo grano e meliga, che vini generosi si ricavavano dai molti vigneti ben coltivati che adornavano le alture cevesi e si raccoglievano gran quantità di ogni tipo di legumi, patate, castagne, noci, fieno e nei boschi era possibile trovare molti funghi e tartufi. Di rilievo era l’allevamento dei bovini ed anche quello dei maiali, molto apprezzati erano i salumi e le salsicce di Ceva. Si mantenevano anche molte pecore.
Nella seconda metà del XIX secolo, per contribuire all’attività delle diverse filande e filatoi presenti, erano molto praticate la coltivazione della canapa e la piantagione dei gelsi, le cui foglie erano utilizzate per il diffuso allevamento dei bachi da seta, per i quali Ceva era una piazza molto importante con i suoi mercati dei bozzoli e il regio osservatorio sericolo-bacologico.
Progressivamente poi, soprattutto a partire dall’ultimo dopoguerra, l’attrazione verso attività lavorative più remunerative, unita ad un continuo frazionamento delle proprietà terriere ed ad un’occupazione edilizia di molti terreni adibiti precedentemente alle coltivazioni, ha portato molti nuclei famigliari al trasferimento negli ambiti territoriali e sociali cittadini e l’agricoltura da attività principale si è, in molti casi, ridotta ad attività secondaria, complementare, ma in subordine a quella che assicurava miglior reddito, benché adeguata alle più moderne tecnologie e tecniche produttive. Questo abbandono, lento ma costante, delle campagne ha provocato un inselvatichimento di molti territori, una drastica diminuzione della produzione agricola ed una conseguente riduzione dell’attività anche nel settore zootecnico, trasformando, in molto meno di un secolo, quella che era un’economia cittadina prettamente agricola in una gamma di occupazioni diversificate nella piccola industria, nell’artigianato, nel commercio e nei servizi.
In quest’ordine di circostanze lo spazio per attività di ricerca ed approfondimento è sicuramente ampio ed articolato consentendo di poter affrontare, per quanto riguarda i nostri territori, argomenti di studio mirati all’evoluzione cronologica dell’agricoltura nel suo insieme, andando poi ad analizzare nel dettaglio l’affermarsi delle conoscenze e delle tecniche di coltivazione, i vari passaggi da un’agricoltura di sussistenza a quella intensiva e specializzata, alla rotazione delle colture, alla meccanizzazione, all’uso dei fertilizzanti, alla commercializzazione dei prodotti e al conseguente sviluppo economico.
Allo stesso modo, sulla base di una cronologia storica, anche per l’allevamento sono molteplici le tematiche che possono essere oggetto di indagine analitica: l’allevamento tradizionale, caratterizzato dalla cattività in stalla o in spazi ristretti (esempio la pollicoltura) o sotto forma di pastorizia, l’allevamento di tipo intensivo ed industriale, l’utilizzo ed il commercio dei prodotti secondari come il latte e le uova, l’uso dei mangimi, l’applicazione della biologia all’allevamento.
Un attento sguardo potrà inoltre essere rivolto alle caratteristiche economico-strutturali che potranno coinvolgere il sistema agricolo e quello zootecnico nelle nostre zone negli anni a venire.