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Associazione Ceva nella Storia - 39. Teatro, compagnie ed opere teatrali, cinema, sale da ballo

39. Teatro, compagnie ed opere teatrali, cinema, sale da ballo     Torna all'indice


Ceva è sempre stata una città dai molteplici aspetti, uno di questi è senz’altro legato alla cultura e all’amore per il teatro.
Oggigiorno tutti conoscono il Teatro Marenco, per i suoi spettacoli, per la sua bellezza, ma in realtà «Il teatro è molto di più del teatro» (Jean Duvignaud). Il concetto cioè va molto oltre quello di un edificio realizzato ed adibito alle rappresentazioni di opere drammatiche, comiche, musicali, di varietà, ballo ecc. Il teatro è anche il complesso delle narrazioni sceniche appartenenti ad una determinata civiltà o cultura, ad un particolare periodo letterario, ad un autore, è l’insieme delle forme artistiche in cui queste consistono, è il pubblico degli spettatori.
Strutturalmente si pensa al teatro come ad un luogo di spettacolo dal vivo, con un’appropriata connotazione: un palcoscenico sopraelevato, con di fronte i posti per gli spettatori e dietro le quinte camerini, macchinari e attrezzeria per gli allestimenti scenici, laboratori per i costumi e così via. Si tratta di una precisa tipologia di spazio che si è sviluppata a partire dal Rinascimento che, essendo nata in Italia, viene generalmente definita “teatro all’italiana”.
Il teatro è il luogo ovvio per lo spettacolo. L’edificio teatrale vuoto è già uno spettacolo in sé stesso. Alla fine di un lungo percorso di ricerche architettoniche, si stabilizzò nel modello di una sala chiusa, a palchetti, con palcoscenico frontale. Era un ambiente rigidamente diviso in due: da una parte c’era lo spazio per gli spettatori e dall’altra quello degli attori.
L’edificio teatrale diventò così un vero e proprio monumento che, nei diversi secoli, ha assolto varie funzioni sociali. Al suo interno ha accolto spettacoli, ma anche feste per ricorrenze cittadine o di carnevale, veglioni danzanti, concerti, comizi, convegni ecc.
A Ceva si cominciò a recitare verso gli anni venti dell’Ottocento, ma l’esistenza di un locale dedicato si riscontra intorno alla metà del medesimo secolo. Un salone della casa del pittore Pietro Bergallo posto al primo piano del civico 103 dell’allora via della Volte, l’attuale via Carlo Marenco, era stato adattato a piccolo teatro con palcoscenico, platea e galleria per poco più di un centinaio di posti, ma già da subito denunciava un aspetto piuttosto precario e disadorno. Si esibivano, specialmente nella stagione autunnale, diverse compagnie alcune delle quali si distinguevano per la bravura degli artisti e la scelta dei repertori. A queste si aggregavano od alternavano anche dilettanti cevesi che ben presto diedero vita ad una vera e propria filodrammatica locale. Il progredire di questa e la partecipazione sempre maggiore della cittadinanza fecero sì che a metà del secolo si cominciasse a parlare della costruzione di un nuovo teatro, la qual cosa si realizzò in una decina di anni. L’inaugurazione del nuovo edificio, intitolato al celebre drammaturgo cebano Carlo Marenco, avvenne infatti il 28 settembre 1861. Da allora e per oltre un secolo, salvo alcune forzate interruzioni, soprattutto nei periodi bellici, il teatro è stato il centro di tutto quanto in Ceva era riferito all’intrattenimento, allo spettacolo, al divertimento popolare, aumentando la sua rilevanza allorché nei primi anni Trenta del Novecento, con l’avvento dell’epoca del cinema sonoro, iniziarono in esso le prime proiezioni. Verso la metà degli anni Sessanta, quando già gli effetti del “boom” economico avevano favorito l’evolversi di nuove forme e modelli di svago e passatempo il teatro, ma anche il cinema, caddero in disuso. Altri motivi furono anche le corpose opere manutentive che necessitavano e gli adeguamenti alle norme di sicurezza che si facevano sempre più pressanti e rigorose. Nel 1973, sotto l’incalzante impulso della nuova amministrazione del Marenco capeggiata da Riccardo Luciano, il consiglio comunale sancì la indiscutibile validità artistica e funzione sociale del teatro e deliberò di dar corpo a tutti quegli interventi che sarebbero stati necessari per far tornare in auge la vecchia struttura. L’ardua impresa si compì in un paio d’anni e il 29 giugno 1975 il teatro riaprì i battenti dando inizio alla sua seconda vita.
L’intera trafila delle vicende storiche del teatro è stata resa in maniera esaustiva da due pubblicazioni edite una nel 1997 e l’altra nel 2015. L’argomento si presta però ancora ad una serie di ricerche collaterali che possono riguardare, oltre al salone Bergallo, altre strutture dismesse sui cui palcoscenici nel tempo si erano ripetute rappresentazioni e spettacoli come: il piccolo teatro nella vecchia sede del circolo cattolico di via Sauli, quello allestito in un camerone della filanda Siccardi al Borgo Sottano per recite straordinarie utili al finanziamento dei lavori di costruzione del nuovo teatro Marenco, quello attivo per un po’ negli anni Settanta del secolo scorso all’interno della sconsacrata cappella di san Giuseppe nella frazione Poggi San Siro. Senza dimenticare il palco che ancora oggi viene calcato, quello presso l’Oratorio parrocchiale. Parallelamente possono essere intrapresi ampi approfondimenti sulle centinaia di compagnie che per oltre un secolo e mezzo hanno recitato nelle sale cebane, sulle opere rappresentate e su quelle scritte da autori locali, primi fra tutti i due prolifici drammaturghi Carlo e Leopoldo Marenco, illustri concittadini la cui fama è stata di rilevanza nazionale.
Un altro aspetto che ha caratterizzato l’occupazione del tempo libero della gente di Ceva è stato quello relativo al cinema. Questo settore finora non è stato oggetto di particolari indagini storiche per cui, con l’ausilio di vecchi testi e periodici locali e di archivi pubblici e privati, può essere elaborata una estesa e corposa carrellata cronologica sulle strutture e sulle proiezioni, partendo dal primo esperimento del 1898 presso la società Operaia e da quelli di Peirone Felice nel 1901 presso il teatro con il “cinematografo Lumière” e nel 1905 con un “grandioso cinematografo” che proiettava le immagini animate di vari fatti accaduti nel mondo. Nel 1908 su iniziativa di tal Eligio Fresia sotto i portici maggiori nella casa Bersone venne aperto un locale denominato “Cinematografo Cevese” che oltre ai cinegiornali presentava anche brevi comiche. Negli anni successivi cambiò sede diventando “Cinema Iride” e trattando anche argomenti storici e mitologici. Del 1912 fu invece l’attivazione di un cine all’aperto nella piazza Vittorio Emanuele II in occasione della fiera di Santa Lucia mentre l’anno successivo venne dato l’assenso all’apertura in via Barberis di un nuovo salone denominato “Cinematografo Galliano”. All’inizio degli anni Venti si autorizzò il funzionamento del “Cinema Americano” dopodiché le proiezioni si spostarono nella sala della società Operaia in via Pallavicino e quindi nel Marenco, dove, con varie interruzioni nei periodi più critici, si andò avanti fino alla metà degli anni Sessanta. Intanto nel 1948 la famiglia Taramazzo aveva aperto il mitico cinema Doria che, quotidianamente e per quasi quarant’anni, fu uno dei più importanti ritrovi della Città. Nel periodo invernale, alla domenica, nei primi anni Sessanta, alcuni film per ragazzi venivano presentati presso la Casa dello Studente di via XX settembre. Dopo un lungo periodo di inattività si giunse infine all’inaugurazione della ristrutturata Sala Borsi che dal 1998, gestita unicamente da volontari, si offre come eccellente punto di riferimento per gli appassionati di cinema.
Una forma di divertimento che hanno da sempre apprezzato i cebani è il ballo, sarebbe quindi oltremodo interessante una ricerca mirata a scoprire quali tipi di danza, in quali luoghi ed al suono di quali musiche ci si dilettava ballando nei secoli scorsi. Poi si potrà andare ad approfondire la storia di quei sodalizi e delle rispettive sedi, oltre lo stesso teatro, che, unitamente ad altri scopi sociali, vennero creati anche per questo genere di trattenimento, come la società Operaia dal 1862 e la società Brenta dal 1884, senza dimenticare il novero dei caratteristici balli a palchetto che fino a poco tempo fa si impiantavano in occasione delle tradizionali feste di borgata.