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Una leggenda popolare, tramandata oralmente e giunta fino ai nostri giorni, con il supporto di una notevole dose di fantasia, narra di come già verso la metà del Seicento si fosse cominciato ad organizzare delle sagre in Città. Queste erano occasione di scambio di merci con i paesi del circondario e fornivano lo spunto per ogni genere di baldoria. Il buon successo che si riscontrò pare che fornì la motivazione per istituire la figura di un Abate che programmasse i festeggiamenti. Una delle iniziative più allettanti e spettacolari era l’approntamento dell’albero della cuccagna. In questi presunti eventi, con un po’ di immaginazione, si possono ricercare le origini di quelle che furono poi le feste di carnevale.
Testimonianze scritte sulle bisbocce carnevalesche si possono rinvenire a partire dalla fine dell’Ottocento sui periodici locali di informazione, che davano puntualmente spazio alle cronache delle manifestazioni. Queste feste si condensavano in luculliane abbuffate e serate danzanti in maschera presso le sedi delle due aggregazioni sociali presenti in Ceva, la Società Operaia e la Società Brenta ed anche nei locali del teatro Marenco. In questi ritrovi i ristoratori cebani del tempo davano prova della loro abilità culinaria e diverse orchestrine da ballo accompagnavano i danzatori con le loro musiche.
La partecipazione popolare era notevole. Non mancava ovviamente l’attenzione per i più piccoli, per i quali si predisponevano balli e altri divertimenti proprio presso il teatro. A partire dagli anni Venti del secolo scorso vennero create diverse maschere la cui tradizione giunse fino ai giorni nostri. La Buona Fata del Forte fu la prima di queste, avendola tratta dal romanzo dell’avvocato Salvetti pubblicato nel 1910, che ne raccontava le vicende. La fortezza sabauda fornì anche l’ispirazione per la creazione del personaggio mascherato del Governatore.
Nell’ultimo dopoguerra la gente cercò di dimenticare gli anni cupi che ad ognuno avevano fatto scordare il significato delle parole festa, allegria, divertimento, senza ovviamente perdere il ricordo dei tanti che con il loro sacrificio avevano consentito a chi era rimasto di continuare in pace il cammino della propria esistenza. Grazie anche al rapido diffondersi dei mezzi di trazione a motore cominciarono ad essere organizzate sfilate con carri allegorici accompagnati da gruppi mascherati. Gli abitanti dei borghi diventarono protagonisti nella preparazione di carri e maschere, ma anche diverse scolaresche vennero coinvolte.
Si andò avanti per circa un decennio dopodiché vi fu un'interruzione fino al 1976. In quell’anno, ricostituitasi la Pro Loco, si tennero nuovamente i cortei mascherati con l’allestimento di carri allegorici. Considerevole fu anche il supporto della Filodrammatica del Teatro Marenco, anch’essa da poco ritornata in auge, della Banda Musicale che da un paio d’anni aveva ripreso a pieno ritmo la sua attività, del nuovo Gruppo delle Majorettes fondato l’anno precedente e del Gruppo Corale Cebano, attivo fino al 1978. Rispolverando qualche vecchia fantasia popolare, fu dato vita ai personaggi di Bosořin e Madlinin dřa Creuza, che divennero le due maschere ufficiali del nuovo carnevale. Le prime edizioni delle sfilate furono addirittura a concorso per incentivare la partecipazione di più soggetti possibile. Si alimentarono così festose rivalità tra i vari rioni e tra le diverse associazioni cittadine. Ai vincitori veniva assegnato un artistico trofeo che era tenuto dagli stessi fino all’anno successivo (ora è conservato presso il Museo Storico). Venne inoltre ripristinata quella che forse in epoche passate era una tradizione cebana: il Carvè Vej, che prevedeva di proseguire con le baldorie, sovente animate dai Magnin, oltre il martedì grasso, fino alla prima domenica di quaresima. Non solo la popolazione di Ceva era coinvolta, ma era anche massiccia l’adesione dei paesi vicini, costantemente presenti con i loro carri e alcune volte si registrò pure la partecipazione di maschere importanti come il Moro, maschera ufficiale del carnevale di Mondovì, Ciciolin, il re del Carnevale di Savona e il Giandoja di Racconigi, cittadina che negli anni Ottanta si contendeva con Torino la paternità della principale maschera piemontese. L’edizione del 1986 si tenne sia a Ceva che a Bagnasco.
Si continuò fino al 1988, dopodiché, a causa dei costi organizzativi, di una mancanza di ricambio generazionale nella gente delle borgate disposta a predisporre i carri e soprattutto per la concorrenza delle manifestazioni in città vicine che potevano contare su maggiori risorse, si interruppe nuovamente la storia del Carvè ‘d Seva. Si registrarono solo più in tempi recenti alcuni balli in maschera e sfilate di bambini con l'organizzazione dell'Oratorio Parrocchiale e la partecipazione un paio di volte di un folto gruppo cebano al carnevale di Mondovì. Negli ultimi anni nella settimana del carnevale le cinque maschere ufficiali La Fata del Forte, Il Governatore, Bosořin e Madlinin dřa Creuza, l’Abate vengono comunque impersonate per limitate comparsate.
Il Palio dei Rioni che dal 2011, dopo oltre dieci anni di interruzione, è tornato, per merito dell’intraprendenza della Consulta Giovanile, ad essere uno dei momenti di maggior coinvolgimento della comunità, trae le sue origini verso la fine degli anni Sessanta del Novecento da un’idea dell’allora vicecurato don Jano Russo. Faceva seguito a quello che, conosciuto come “Rioni contro Rioni”, era stato un torneo estivo di calcio giovanile giocato in piazza d’Armi, che aveva caratterizzato la seconda metà di quel decennio.
Anche allora i rioni erano cinque, forse con una leggera differente distribuzione delle zone rispetto ad ora e con un paio di questi diversamente chiamati, infatti il Filatoio - Nosalini era chiamato Transtanaro ed il Centro storico semplicemente via Marenco. Da modesta contesa culturale con piccoli giochi da palco, ben presto si venne ad individuare come importante circostanza ludica e ricreativa collettiva, che per più giorni sensibilizzava non soltanto le giovani generazioni interessate, ma indirettamente quasi tutta la collettività, alimentando il senso di appartenenza alla propria borgata.
Progressivamente si moltiplicarono le prove sia dal punto di vista qualitativo che delle difficoltà, con la Caccia al tesoro che divenne la componente più significativa ed esaltante, ma anche con iniziative molto tipiche come la celebre Parapiovàda che per molti anni, oltre che elemento di competizione, divenne anche una piccola attrazione che incuriosiva i forestieri di passaggio. Nei decenni si mantenne sempre una spiccata tendenza a rimettersi in gioco, armonizzando capacità ed energie e correlandole ad un sano spirito di competitività, tale da far superare qualche intoppo che ogni tanto si presentava o riprendere le sfide dopo brevi periodi di stallo, dovuti soprattutto a ricambi generazionali negli apparati organizzativi.
Dal 1994, generalmente verso la metà di luglio, un altro evento che, per alcune sere e buona parte delle ore notturne, esalta la dinamicità della città, in special modo delle giovani leve di questa, è la Festa della Birra, da un po’ d’anni chiamata CErVezA Fest. Questa è coordinata dalla Pro Loco e attira costantemente migliaia di persone dal Piemonte e dalla Liguria.
In Ceva e nelle frazioni molte altre feste, principalmente legate a ricorrenze religiose, si sono distinte nel tempo e ancor oggi si ripetono, spesso accompagnate da giochi popolari e intorno a tavole imbandite. Secolare è la festa di Pentecoste al Borgo Sottano, in occasione della quale in un lontano passato si distribuivano i ceci alla popolazione e si allestisce, per un paio di settimane, un grandioso Luna Park. Questo da molti anni, essendosi rivelati insufficienti gli spazi nei controviali del borgo è stato trasferito in piazza Vittorio Veneto.
Vi sono poi la festa di San Bernardino, quella di San Carlo in Valgelata, di San Lino, di San Pietro e all’ex Tirassegno sulla Piana, di San Bartolomeo e di San Grato a Malpotremo, di San Rocco e la Friciořeřa alle Mollere, di San Rocco e una volta di San Giuseppe ai Poggi San Siro, di Sant’Antonio e San Gaetano ai Poggi Santo Spirito, intrattenimenti vari alla società Brenta e all’Oratorio parrocchiale.
Le caratteristiche e gli argomenti di questa sezione di ricerca sono talmente vasti e variegati che si prestano ad un’infinità di indagini descrittive, che potrebbero facilmente sfociare in una pubblicazione ampia ed articolata sulla storia di tutto quanto a Ceva è stato nel tempo il fantastico insieme del “divertimento popolare”.