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Associazione Ceva nella Storia - Leggende: Romanisia (XIII secolo)

Leggende: Romanisia (XIII secolo)     Torna all'indice


Il nome di questo personaggio è avvolto nella leggenda, quasi a saziare più la sete di sapere del popolo, piuttosto che degli storici, ma vuole mettere l’accento sul carattere infido dei Bressani e il loro odio per i marchesi Ceva.

Siamo in un periodo di guerre, durante la reggenza del Marchesato di Ceva da parte di Giorgio il Nano.

Questi annoverava numerosi nemici oltre i suoi parenti, tra cui i Bressani di Mondovì.

La storia venne rinvenuta nell’opera del Canavese, Storia della Città di Mondovì del 1851.

Nel 1297 viveva a Mondovì una nobile dama chiamata Romanisia: bella, nobile, valorosa ed erede di grandi beni e, per le sue rare qualità, desiderata da molti.

La grande passione di questa fanciulla era di giostrare con le armi, infatti vestiva da guerriero e si faceva chiamare il cavaliere dell’ancora.

Armata e sconosciuta partecipò ai combattimenti tra il Monte e il Marchesato di Ceva.

Purtroppo si invaghirono di lei Leone Ceva, zio del marchese Giorgio il Nano, Bianco Bressano e Selferro di Montaldo, che guerreggiavano nelle vicinanze di Ceva.

Romanisia pensando che Selferro, suo preferito, fosse prigioniero dei Ceva si scagliò in battaglia, ma fu fatta prigioniera di guerra sul ponte del Brolio, mentre lo stava attraversando. Giunta sotto la torre di Porta Tanaro trovò la saracinesca calata e dovette arrendersi ai suoi nemici.

Selferro e Bressano corsero in suo soccorso e il primo si propose come ostaggio al posto della fanciulla, tratto però in inganno dalle parole del Bressano che mirava solamente a liberarsi del rivale.

Leone per amore della fanciulla accettò lo scambio.

In seguito Romanisia scoprì l’inganno del Bressano e a riconoscere la lealtà d’animo di Leone e lo costrinse a costituirsi al cospetto dei marchesi Ceva al posto di Selferro, che poté così riabbracciare.