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Don Giovanni Pio Bocca, ultimo discendente di una nobile e storica famiglia cebana, era nato a Ceva l’8 marzo 1778 ed era cugino di monsignor Giuseppe Bertieri, vescovo di Como e di Pavia.
Canonico onorario della Collegiata fu un illustre benefattore delle opere pie della sua città natale a cui fece generose elargizioni. Suo fratello Pietro ricoprì importanti cariche amministrative nel Regno di Napoli.
Il sacerdote Pio Bocca fu professore di filosofia e retorica al Pio Istituto delle scuole, in cui ricoprì anche il ruolo di prefetto e direttore spirituale. L’istituto oltre che giovarsi della sua preziosa attività di docente poté più volte affrontare ingenti spese ordinarie e straordinarie facendo conto su cospicue parti del suo patrimonio, che egli non mancava di dispensare. Munifiche donazioni riservò anche per l’abbellimento della cappella della Madonna del Rosario nel Duomo, che era patronato della sua famiglia.
Pio Bocca fu tra i promotori dell’Accademia di Musica della Città di Ceva, istituita nel 1830. Carlo Marenco era annoverato tra i suoi allievi più illustri.
Morì il 23 gennaio 1846 e il suo elogio fu compendiato con un’iscrizione latina dall’ avvocato Stefano Dalmazzone, altro suo ex scolaro, la cui traduzione è la seguente: “Giovanni Pio Bocca esimio ministro degli altari, uomo integerrimo, commendevole per acutezza d’ingegno, per dottrina e per preclare doti d’animo, il quale passò alacremente la sua vita nell’insegnare agli alunni l’eloquenza, e la filosofia, a tanti pregi d’ingegno ed animo, uno ne aggiunse che è il più grande, la liberalità, per mezzo della quale l’uomo s’innalza al disopra degli altri mortali e s’acquista celebrità non tanto per aver accumulate ricchezze, quanto per averle ben impiegate. E qual vi sarà più grande munificenza di quella che protegge le scienze, le lettere e l’arti? Così fece quest’esimio Sacerdote con una donazione tra vivi di ventimila franchi a favore del pio istituto delle scuole, onde meglio provvedere all’istruzione degli alunni, ed al sostentamento dei professori, e così sempre prenda maggior vigore ogni più fiorente disciplina. Impari quindi ciascheduno quale debba essere l’uso dell’oro, il quale dai morenti sempre, e dai viventi raramente si dona. Viva perenne negli animi la memoria di tanta liberalità.”
Ceva in un primo tempo gli dedicò quella che è attualmente via Roma, ora vi è una via a lui intitolata in località Brolio.