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Nicolò Guascone Ceva vescovo di Albenga
Nicolò Guascone, o Vaschino dei marchesi di Ceva, procuratore generale dell’Ordine dei Minori, uno degli uomini più insigni del suo ordine. Trovandosi vacante il vescovado d’Albenga, discrepanti i canonici nella scelta del nuovo vescovo, lo elessero ad occupare quella sede vescovile, con bolle pontificie di papa Nicolò IV del 29 gennaio 1292. La sua carriera episcopale fu tempestosa e non lasciò di sé un buon ricordo tra gli albenganesi, poiché vendette il principato di Oneglia ai fratelli Nicolò e Federico Doria, nobili e potenti genovesi figli di Babilone (istromento del 30 gennaio 1298 stipulato in Savona nella chiesa di Santa Maria delle tre fontane, rogato Pietro Grasso de Itera notaio imperiale). Questo cospicuo ed ampio principato, fu sempre dei vescovi d’Albenga sino dai tempi di Carlo Magno ed era composto dal castello e dalla villa d’Oneglia, dal Bestagno, dal castello e dalla castellania del Ponte d’Assio, dalle ville di san Pietro del Testico e dal Poggio Bottaro, da Torria, da Chiusanico e da Gazzelli, con tutti i loro territori e pertinenze. Il tutto fu dato per il prezzo di 11.000 lire genovesi. Per ordine di Bonifacio VIII questo denaro doveva esser depositato presso un Monastero o luogo sicuro per impiegarlo a vantaggio della mensa vescovile, ma non risulta che quest’ordine fosse stato eseguito. Guascone non si sdebitò verso la mensa vescovile d’Albenga e non tenne per sé il denaro, anche se non si seppe dove finì. Egli morì nel 1306.
Giovanni Ceva vescovo di Albenga
Appartenente all’Ordine dei Frati Minori fu vescovo di Albenga dal 1321 al 1328, anno in cui morì.
Federico Ceva vescovo di Albenga
Federico, figlio di Benedetto dei marchesi di Ceva e signore di Montezemolo, fu eletto vescovo d’Albenga il 4 dicembre 1330 a soli anni 22. Ottenne dispensa per la sua età da papa Giovanni XXII, in virtù della sua singolare dottrina e dei suoi distinti meriti. Pastore virtuoso e zelante, operoso per il bene e il decoro della chiesa e del vescovado. Il 7 aprile 1334 ordinò il Sinodo diocesano che, con gran plauso del suo clero, fu pubblicato il 2 maggio dello stesso anno. Le accorte provvidenze contenute in questo sinodo rivelavano la non comune dottrina e l’apostolico zelo di questo prelato. Queste sue luminose doti ,unite ad una rara prudenza, fecero sì che papa Benedetto XII, con la lettera del 27 maggio 1336 da Avignone, lo incaricasse di prendere cognizione e provvedere in merito ai ricorsi fatti dal marchese Del Carretto di Savona e dagli uomini di Altare contro il vescovo di Noli, Teodesco de Spinola. Il 31 luglio 1337, approvò gli statuti capitolari dei canonici della sua cattedrale. Il suo vicario generale fu il canonico Bartolomeo, ministro della chiesa di Sant’Andrea di Ceva, il quale in detta qualità di vicario generale autorizzò Giovanni dei marchesi di Ceva, canonico della stessa cattedrale d’Albenga ad assumere a nome del capitolo il possesso dei beni vacanti della chiesa di Santo Stefano di Cavatorio. Morì nel 1349. Monsignor Federico Ceva era cugino della nobile dama Sofia Giulia Catalano, la cui memoria è cara ai cittadini cevesi per il ponte sul Tanaro che ne porta il nome. Questa nobile signora, col suo testamento del 22 ottobre 1331, gli fece il seguente legato: «Item annulos meos, cuiuscumque generis, lego, et dimitto rev. domino Federico ex Marchionibus Cevae consobrino meo Episcopo Albinganensi electo ut oret pro me, ut sit in pace locus animae meae et habitatio eius in sancta Sion».
Giovanni Ceva vescovo di Albenga e di Tortona
A Federico succedette nel vescovado di Albenga, Giovanni Ceva figlio di Francesco dei marchesi di Ceva e consignore dei castelli di Priero e Sale, canonico della stessa cattedrale. La sua elezione ebbe luogo il 18 febbraio 1349 e trasferito alla sede vescovile di Tortona il 15 settembre 1364 fino al 1381. Essendo insorte alcune differenze a causa delle decime tra l’arciprete e la comunità di Ortovero, il vescovo Giovanni le acquietò con istrumento del 10 settembre 1360, rogato dal notaio Antonio Ceva. Il padre Paganetti, che lasciò manoscritta una storia ecclesiastica della Liguria, asserì che questo vescovo ebbe divergenze con Gian Galeazzo Visconti duca di Milano, a causa del suo ministero. Nella sede d’Albenga gli succedette il genovese Giovanni Fieschi, il 13 settembre 1363 e fu trasferito al vescovado di Tortona nel 1364. Nel suo testamento, del 28 maggio 1385, rogato dal notaio Passalacqua, fondò nella cattedrale di Tortona un benefizio del reddito di 150 doppie con nomina, a favore della propria parentela. Lo storico Scaglioso di Tortona disse di questo prelato: «tanta erat huius Episcopi auctoritas, ut multae et difficillimae controversiae ei tamquam arbitro committerentur». Questi eresse a sue spese la chiesa di San Silvestro a Tortona, fuori porta Milano e fece costruire il pulpito di Santa Lucia. Inoltre stabilì una congregazione di sacerdoti per l’istruzione religiosa del popolo e per soccorrere i poveri a sue spese. A causa della vendita senza autorizzazione del castello di Sorli a Galeazzo Visconti perse il diritto di fregiarsi del paramento liturgico detto Pallio, il simbolo del suo compito pastorale. Giovanni Ceva morì nel 1392.
Antonio Ceva vescovo di Tortona
Fratello del precedente. Resse il vescovado di Tortona dal 1382 al 28 febbraio 1393, succedendo al vescovo Giorgio Torti che nel 1380 era stato traslato al vescovado di Ceneda.
Ludovico Ceva vescovo di Alba
Ludovico Del Carretto, figlio di Oddone dei marchesi di Ceva e signore di San Michele e Castellino, fu eletto vescovo di Alba il 20 febbraio del 1369. Nel 1370, investì i Signori di Clavesana, Cissone, Roddino, Dogliani, Marsaglia e Belvedere. Nel 1382, donò il castello di Diano ad Amedeo conte di Savoia per suprema disposizione del papa Clemente IV. Morì nel 1388.
Federico Ceva vescovo di Alba
Federico Del Carretto, figlio di Guglielmo dei marchesi di Ceva e signore di Lesegno, fu vescovo di Alba dal 1389 al 1390. Per tutto il tempo che presiedette alla chiesa di Alba adempì a tutti i doveri di un sollecito e prudente pastore, come asserì monsignor Paolo Brizio, vescovo di Alba dal 1642 al 1665 e ricercatore storico di chiara fama, nel suo primo Sinodo del 1645.
Aleramo Ceva vescovo di Léon in Spagna
Aleramo Ceva figlio di Bonifacio, consignore di Garessio e di Ormea, fu vescovo di Léon, in Spagna, dal 9 giugno 1382 al 5 settembre 1401, anno in cui morì.
Secondo l’Olivero ed il Casalis questo vescovo operò a Leone in Bretagna nel 1423 ed in seguito fu trasferito alla sede vescovile di Tréguier, ma di lui non si fa menzione negli archivi francesi di queste due diocesi.