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Associazione Ceva nella Storia - Vescovi dal 1400 al 1600 (XV e XVI secolo)

Vescovi dal 1400 al 1600 (XV e XVI secolo)     Torna all'indice


Gerolamo Calagrano vescovo di Mondovì

Gerolamo Calagrano, figlio di un conte palatino, era nato a Ceva. Abbracciò lo stato ecclesiastico e riuscì ad entrare al servizio del cardinale genovese Giovanni Battista Cybo (papa Innocenzo VIII). Ne divenne uno dei più fidati collaboratori. Partecipò al conclave aperto ad agosto del 1484, dopo la morte del papa Sisto IV e l'elevazione del Cybo al pontificato, il 29 agosto, segnò il suo ingresso ufficiale nella Curia romana. Il 12 settembre, pochi giorni dopo la sua elezione, il nuovo papa lo nominò suo cameriere segreto, cosicché in tale veste poté partecipare alla solenne cerimonia dell'incoronazione. L'anno successivo, il 18 aprile 1485, fu nominato "subdiaconus partecipans" e il 20 ottobre, scrittore apostolico. Mantenne questa carica fino a quando vi rinunziò e fu nominato vescovo di Mondovì, il 5 novembre 1490.
Nel 1495 ebbe una controversia con i cittadini di Cuneo, i quali chiedevano un vicario generale che risiedesse in quella città. Questa lite terminò con il decreto dell’ 11 maggio 1495 della duchessa Bianca di Savoia, nel quale si stabilì che il vescovo Calagrano e i suoi successori dovessero concedere alla città di Cuneo un vicario generale, con autorità di provvedere in spiritualibus, in un modo però limitato a giudicare le cause ecclesiastiche, purché il giudicato di detto vicario si potesse appellare al vescovo di Mondovì od al suo vicario generale. Questa provvidenza sortì il suo effetto sino all’erezione di un nuovo vescovado a Cuneo. Monsignor Calagrano fece la visita pastorale della sua diocesi e convocò il sinodo diocesano, il primo di cui si conservi memoria. Questo venne dato alle stampe il 5 ottobre 1495, da Lorenzo de Vivaldi, religioso del terzo ordine di San Francesco a Mondovì, uno dei primi luoghi del Piemonte in cui si esercitava l’arte tipografica. Queste costituzioni sinodali furono raccolte dall’abate di santa Cristina, nella sua storia della chiesa di Monteregale. Monsignor Calagrano morì il 31 agosto 1497 e fu sepolto nella sua cattedrale, in una cappella che si fece costruire. Il suo sepolcro era decorato con lapide e statua, ma nello spostare la cattedrale dal luogo dove era, cioè nella cittadella, si smarrì la statua e l’iscrizione e si credeva che fossero sepolte sotto le fondamenta della nuova chiesa. Questo vescovo aveva un fratello, Guglielmino, il quale per distinti meriti e somma dottrina fu insignito di un’abbazia nella Marca di Ancona. Di questi due fratelli si conservava in Ceva una lapide marmorea la quale faceva menzione di un giubileo che ebbe luogo nella chiesa della Madonna del Forte nel 1489, concesso da papa Innocenzo VIII ed ottenuto dai suddetti due fratelli mentre si trovavano a Roma e ciò in segno di attaccamento alla città in cui ebbero i loro natali. Vi erano scolpite su questa lapide due armi gentilizie dei Calagrano, che inquadravano nel 1° e nel 4° di rosso ad una stella a lunghi raggi d’oro, nel 2° e 3° d’argento a tre spighe di grano sopra una pianura verde: col capo dell’impero, cioè d’oro ad un’aquila nera. L’iscrizione diceva: “Annis millenis quatricentis octoque genis Ternariisque tribus sanctus fuit hic Jubileus A pena et culpa: sedente in Papa Nocenti Arma suprema Papae. Dextris stant arma Hieromi: Sunt Guglielmini quae sunt a parte sinistra De Calagranis quos longum ducat in aevum. Minister templi factus frater Garassinus.”
Ad onore di questo vescovo di Mondovì fu coniata una medaglia di bronzo, con la seguente leggenda attorno: Hieronimus Calagranus de Ceva, sul rovescio l’arma dei Calagrano come descritta sopra, con la differenza che non porta il capo dell’impero ed ha per cimiero un leone crescente che tiene nella zampa destra una stella. La suddetta medaglia è conservata nel ricco medagliere del Re, come scrisse il teologo Bosio.
A questa famiglia appartenne Isabella Calagrano di Ceva, figlia di Mastro Andrea, forse sorella o zia del vescovo Gerolamo, che si fece monaca il 4 febbraio del 1461, come scrisse il Barone Giuseppe Vernazza ne Monache di S. Chiara in Alba nei due primi secoli del monastero.

Raffaele Ceva vescovo di Asti e di Melfi

Raffaele Ceva, francescano, figlio di Giovanni dei marchesi di Ceva e consignore di Priero e Montezemolo, fu arciprete della collegiata di Ceva nel 1495. Fu titolare della chiesa della Madonna della Guardia, ponendovi, quando lasciò la città, come vicario perpetuo padre Girolamo de Clavellis con tutti i diritti e le pertinenze del Santuario stesso. Fu promosso al vescovado di Asti il 16 novembre 1496 e vi restò fino al 26 luglio 1499, venne nominato poi a presiedere la diocesi di Melfi nel regno di Napoli, mantenendo sempre a titolo di commenda l’arcipretura di Ceva. Rinunciò alla sede di Melfi nel 1513. Donò il “dritto d’acqua” alla chiesa di Santa Maria de Castro di Ceva, il 3 aprile 1519.

Ludovico Ceva vescovo di Cremona

Ludovico Ceva figlio di Antonio dei marchesi di Ceva e consignore di Nucetto e Viola fu vescovo suffraganeo di Cremona nel 1556, quando la sede vescovile era vacante ed era retta dall’amministratore apostolico Federico Cesi. Nella Cronotassi dei vescovi di Cremona non si menziona, ma lo ritroviamo nei testi dell’Ottocento dell’Olivero e del Casalis.

Leonardo Tagliaferro vescovo

L’Olivero ed il Casalis descrivono questo personaggio come “… un nobile patrizio dei consignori di Ceva. Minor Osservante lodatissimo da monsignor Brizio con queste parole: Doctrina conspicuus Bondanensis Episcopus qui, ne quae labes orthodoxae fidei candorem inficeret calvinistas Vaticano odio persecutus est, per essersi adoperato vigorosamente per difendere la purità della fede contro gli attentati dei Calvinisti”. Tuttavia non è stato possibile reperire altre notizie riguardanti Leonardo Tagliaferro. Il suo nome non figura nelle cronotassi dei vescovi di nessuna diocesi, italiana o estera, tantomeno in altre enumerazioni episcopali ufficiali. L’arciprete cebano, dispose sicuramente di documenti, ora irreperibili, che gli fornirono lo spunto per questa indicazione. Probabilmente, l’Olivero potrebbe essersi riferito all’esule piemontese Giovanni Leonardo Sartoris, che usò diversi nomi per poter sfuggire alle persecuzioni della chiesa, date le sue posizioni in materia di Riforma religiosa, ascrivibile per famiglia a Ceva, ove risiedeva questa nobile famiglia.

Giovanni Ludovico Luigi Pallavicino vescovo di Saluzzo, di Marsico Nuovo e di Nizza

Giovanni Ludovico Luigi Pallavicino, figlio di Giulio Cesare dei marchesi di Ceva, fu eletto vescovo di Saluzzo il 17 aprile 1581 da papa Gregorio XIII. La sua nomina non fu ben accolta negli ambienti politici e dai cittadini, in quanto non prese possesso della diocesi retta dall’arcidiacono e vicario generale Michelantonio Vacca. Fu trasferito al vescovado di Marsico Nuovo dove rimase poco tempo, dall’ 8 agosto 1583 al 7 novembre 1583, indi fu nominato vescovo di Nizza. Qui si distinse per una pietà singolarissima, il Chiesa scrisse di lui: “vir ut natalibus, ita et religione et pietate commendabilis”. Nel 1584 fondò l’Hospice des Orphelines, che accoglieva le ragazze abbandonate della città e del territorio, affidandolo alla Società del Santo Sepolcro, Archiconfrérie des pénitents bleus, che lo gestì fino al XVIII secolo. Sostenne anche le iniziative dei pénitents blancs, associati nell’Arciconfraternita della Santa Croce (Societas Gonfalonis), a cui il 2 aprile 1594 venne affidata l’amministrazione dell’Ospedale cittadino Saint Eloi, a seguito della rinuncia fattane il 14 marzo precedente dai pénitents bleus. La confraternita dei penitenti bianchi mantenne la gestione di questo ospedale, che sarebbe poi diventato l’Ospedale di Saint Roch, fino al 19 marzo 1632.
Monsignor Pallavicno, il 19 gennaio 1585 ricevette a Nizza il duca Carlo Emanuele I di Savoia, che ritornava dalla Spagna con la sposa, Caterina d'Austria. Egli morì ad Eze, il 5 novembre 1598, durante una visita pastorale a causa di un malore. Pompeo Litta nella sua opera sulle famiglie celebri d’Italia asserì che questo vescovo fu anche ministro straordinario di Casa Savoia presso la Santa Sede. Fu inumato nelle cripte della vecchia parrocchiale di Santa Reparata. Tutt’ora nel duomo di Nizza vi è una lapide in cui sono elencati i vescovi sepolti il quel sacro tempio.