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Rassegna stampa



Inedita piantina di Amedeo Castellamonte per il convento dei Domenicani in Ceva (4 dicembre 2013)

Studiare la storia della propria città o del proprio territorio è appagante poiché fa comprendere le radici della comunità che, grande o piccola che sia, riveste sempre un carattere di estrema importanza. Pochi nel corso del tempo hanno approfondito la storia del Marchesato di Ceva. Degni di nota sono stati l’arciprete don Giovanni Olivero, Diego Martini, Giovanni Manzoni, padre Arcangelo Ferro, Aldo Martini ed inoltre alcuni studi del Barelli e del Gabotto. Negli ultimi decenni però non si è scoperto nulla di nuovo e ci si rifà sempre a questi autori.
Nasce quindi spontaneo in molti il desiderio di sapere sempre di più, forse anche per il bombardamento mediatico, ove si ripercorre il cammino della storia a tutto tondo tramite film, documentari o speciali in tv… Chi non si appassiona dietro Il mistero delle pagine perdute con Nicholas Cage o la caccia a tesori fantastici nascosti del passato? Questa aspirazione ha portato alcuni giovani ad indagare anche sulla nostra storia locale e quasi per caso, cercando materiale per la tesi improntata sull'evoluzione architettonica e urbana dal Duecento al Quattrocento per la facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, Michele Cocca si è imbattuto in una piantina inedita e sorprendente, disegnata da Amedeo Castellamonte il 14 luglio 1673.
Questa eccezionale scoperta, fatta nell'inverno del 2011, dal socio di Ceva nella Storia, sottolinea quanti aspetti sono ancora celati ai nostri occhi e il prestigio del Marchesato di Ceva in quel periodo. Architetti di fama eccelsa si sono occupati della città, ad iniziare da Guarino Guarini, per la stesura del progetto dell’Ospedale e della chiesa dell’Arciconfraternita di Santa Maria e Santa Caterina, per finire con Amedeo Castellamonte, ingegnere ducale che mostrò il suo genio architettonico tra Torino e Venaria Reale.
Da vari documenti ritrovati negli archivi ecclesiastici e comunali, studiati dai soci dell’associazione storica cebana, emerge la vicenda di più di 40 anni di trattative, condite da litigi e ordini ducali, per la fondazione del “quinto” convento cebano, però mai realizzato. Si trattava della costruzione di un monastero dell’Ordine Domenicano che avrebbe trasferito a Ceva alcuni monaci da Garessio. Nel 1633, Agostino Reijnero dei Poggi di Ceva fece donazione di tutti i suoi beni ai padri dell’Ordine dei Predicatori del convento di San Vincenzo di Garessio, Domenicani, affinché istituissero in Ceva un loro monastero e provvedessero all’insegnamento della Dottrina Cristiana. Purtroppo l’amministrazione civica non si attivò per la parte che le competeva e privò i religiosi delle rendite dei beni posseduti, tanto che fu condannata nel 1656 a restituire il mal tolto. Dopo vari ricorsi, nel 1673, la città dovette soccombere legalmente in maniera definitiva e dare avvio alle procedure per la progettazione e l’edificazione del nuovo cenobio.
Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, duchessa di Savoia, inviò il primo architetto di Corte, Amedeo Castellamonte che disegnò la superficie che avrebbe occupato il convento. L’area necessaria doveva essere acquisita nel borgo Sottano, tra la riva del Castello ed il torrente Cevetta. Questa fonte documentale, la prima mappa proto-catastale di Ceva che ci perviene, rappresenta uno stralcio planimetrico di una parte del borgo Sottano. Questa è una testimonianza utile a comprendere oggi il tessuto urbano di quel periodo, che portava ancora una marcata impronta medioevale. Nel 1676, nonostante il possesso dei beni e i profitti conseguenti fossero confermati da un atto della Duchessa medesima, i Domenicani non poterono avere il loro convento a Ceva, a causa delle forti opposizioni degli altri ordini presenti in città e dell’amministrazione civica stessa.
Questo spaccato di storia cebana, che ha ricoperto un lungo periodo di tempo nel Seicento, non viene però evidenziato dall’Olivero e di conseguenza dagli altri storici successivi. Solo grazie alla sagacia di un giovane ricercatore di Ceva nella Storia, desideroso di ampliare lo studio sul medioevo, è venuta alla luce questa vicenda. Dalle sue ricerche emergono aspetti delle nostre contrade sconosciuti, poiché celati ai nostri occhi dal susseguirsi di opere di ripristino, intonachi e tinteggiature. Il resoconto di queste ampie indagini è stato relazionato dall’interessato ad un convegno di Cherasco nel novembre 2012. Il prossimo anno ne verranno pubblicati gli atti da cui si evidenzierà anche quanto fu importante il Marchesato di Ceva.




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