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Monumenti ed Architetture a Ceva


Associazione Ceva nella Storia - Monumenti ai caduti

Monumenti ai caduti     Torna all'indice


La città di Ceva porge il suo riconoscimento ai caduti delle guerre di fine Ottocento e della prima metà del Novecento attraverso due monumenti posti in piazza della Libertà, uno vicino alla sponda destra del Tanaro, l’altro nei pressi dell’accesso al parco Perlasca, tra l’edificio delle scuole elementari e la caserma della Polizia Stradale. Inoltre una grossa lapide commemorativa delle vittime delle fucilazioni nazi-fasciste è collocata in un’area cinta da cancellata nelle vicinanze dell’oratorio parrocchiale, nel giardino della scuola materna.

Nel cimitero urbano vi è poi la cosiddetta Cappella dei partigiani, recentemente restaurata, la grande lapide di granito Ai caduti per la libertà a lato dell’ingresso principale ed il cippo alzabandiera scolpito in pietra di Langa, fatto erigere dalla sezione A.N.A. di Ceva in collaborazione con il Comune, in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, a ricordo dei caduti in tempo di guerra e di pace.

Come già accennato, ad una parete della cappella dell’Addolorata in Duomo è affissa un’iscrizione marmorea con l’elenco dei parrocchiani deceduti nella Grande Guerra. Un’altra è posta in un atrio delle scuole medie, a ricordo degli ex alunni del Regio Ginnasio Borgognone caduti nel medesimo conflitto. Altre due targhe di marmo si vedono presso il palazzo municipale, una a ricordo dei martiri cebani delle guerre di indipendenza e l’altra dei tre concittadini eroi morti in guerre fuori dai confini europei tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo. Altre lapidi sono presenti nelle frazioni di Malpotremo, Mollere, Poggi San Siro e Poggi Santo Spirito in memoria dei rispettivi abitanti periti o dispersi per causa dei conflitti.

In passato, in una parte dello spazio ora occupato dal parco della Rotonda, era stato creato il Parco della Rimembranza, in ricordo dei caduti della Grande Guerra. Ad onore di questi, sotto l’ala del municipio, alla presenza dal principe Umberto di Savoia, l’8 agosto 1926 era stato inaugurato un altro monumento, caratterizzato dalla statua bronzea del Cerini, ora ricollocata a corredo di uno dei due di piazza della Libertà. Nel 1968 infine venne innalzata, pressappoco ove è oggi la rotonda dell’oratorio, su un grande piedistallo di marmo poggiato su un basamento a forma di croce, un’alta stele granitica sormontata da una grossa stella di lamiera verniciata. Anche questo monumento era a memoria delle vittime, partigiani e civili, delle fucilazioni avvenute in quel luogo nel 1944 e 1945, ma fu smantellato alcuni anni dopo per rendere più agevole il transito sulla circonvallazione (ex strada militare) che era stata ripristinata dopo la costruzione dello stesso.

Monumento “A Chi non è Tornato”

Questo monumento è il risultato di una serie di interventi che hanno avuto inizio nel 1978. Il 1° ottobre di quell’anno venne inaugurata, nell’angolo nord-ovest della piazza d’Armi, lungo il viale alberato che conduceva al parco della Rotonda, un’opera commemorativa intitolata “A chi non è tornato” in ricordo dei caduti dei battaglioni alpini Ceva, Val Tanaro e Monte Mercantour e di tutti coloro che persero la vita a causa degli eventi bellici. La struttura, progettata dall’ingegner Desiderio Feroldi di Milano, vecchio alpino del Battaglione Ceva, fu realizzata a cura della sezione di Ceva dell’Associazione Nazionale Alpini, nel cinquantenario della sua fondazione. Essa consisteva in una scultura di un sol blocco di ferro, rappresentante uno zaino alpino affardellato, con cappello, bastone con punta metallica (alpenstock), fucile modello 91 e piccozza, poggiata su un basamento di piccoli massi, al centro di un’aiuola quadrata, contornata da gradoni formati da blocchi di pietra sagomati. In quell’occasione, alla presenza dell’ultimo cappellano del Battaglione Ceva don Rinaldo Trappo (1917-2010), l’allora sindaco Ferdinando Biestro consegnò la “Croce di ghiaccio” ai reduci della campagna di Russia abitanti a Ceva e nei paesi vicini.

Nel 1985 si decise di dare maggior rilevanza architettonica ed estetica all’opera. Si trasferì, come già accennato, da sotto il porticato del comune la scultura del Cerini che raffigura una donna che alza al cielo un bambino, simbolo di speranza in un futuro migliore. A sovrastare la statua fu costruito un grosso arco rivestito di lastre di granito grigio ed ai lati due pilastri a base rettangolare, con affisse due targhe bronzee con i nomi dei caduti del secondo conflitto mondiale, anch’esse provenienti da piazza Vittorio Emanuele II.

L’esondazione del Tanaro del 5 novembre 1994 abbatté il monumento trascinando via ogni sua parte. Progressivamente tutti gli elementi furono ritrovati e recuperati dal greto del fiume, per ultima la scultura del Cerini, ad alcune centinaia di metri di distanza, rinvenuta nel 2004 dal signor Franco Briatore. Si poté così ricomporre il monumento erigendolo, con qualche piccola modifica strutturale, sul lato lungo il Tanaro nella parte di piazza della Libertà rimasta dopo gli interventi per l’ampliamento e l’ammodernamento della caserma Galliano.

Nel 2009 tutto l’insieme venne arricchito con l’aggiunta di una teca in granito e vetro contenente la terra di una fossa comune di caduti delle battaglie di Nikolajewka e Nowo Postojalowka, raccolta sul posto da Marco Beraldin (reduce di origine veneta residente in Francia) e Gianpaolo Daprea (allora presidente della sezione A.N.A. di Ceva).

Lapide commemorativa delle fucilazioni nazi-fasciste

“In questo luogo caddero per risorgere più vivi che mai nei nostri cuori 65 partigiani e civili fucilati da tedeschi e fascisti. La giustizia degli uomini la misericordia di Dio essi implorano per la pace dei morti per la redenzione di ogni anima traviata dalla bufera che à sconvolto il mondo. Città di Ceva”.

Questo è il testo della grande lapide in marmo bianco di Carrara, realizzata nell’immediato dopoguerra a ricordo dei cruenti avvenimenti degli anni 1944 e 1945, durante l’occupazione tedesca della città. Furono venti mesi di efferatezze di ogni genere condotte sia nei confronti dei partigiani che combattevano nelle valli prealpine e sulle Langhe sia della popolazione inerme.

Più di trecento furono i prigionieri che passarono per le carceri della caserma Galliano e diverse decine di questi furono condannati al supplizio estremo, soprattutto nella primavera del 1944 e in quella dell’anno successivo, dopo che si erano stabiliti a Ceva i Cacciatori degli Appennini del colonnello Aurelio Languasco. Dei momenti più raccapriccianti e tristi fu testimone don Filippo Bado (1916-1954), curato in parrocchia e cappellano dell’ospedale, che in modo encomiabile si prodigò ad assistere spiritualmente coloro che si apprestavano ad essere giustiziati, dopo ripugnanti processi sommari.

La targa nel tempo ha avuto quattro collocazioni diverse, sempre nell’ambito della medesima zona. Fino al 1964 rimase posizionata, circondata da siepi di sempreverdi, nel punto preciso in cui avvennero le fucilazioni, che corrisponde all’attuale centro del campetto da calcio retrostante all’oratorio parrocchiale.

Il 22 marzo 1964, in occasione delle celebrazioni del ventennale della Resistenza, venne inaugurato un gigantesco cippo, costruito con blocchi di pietra naturale a spacco, in un’area leggermente più vicina alla strada, oggi occupata dalla scuola materna, in esso fu incastonata la lapide. Poi, nel 1969, quando nelle immediate adiacenze venne edificato l’oratorio, si dovette abbattere il monumento e la lastra di marmo venne murata nella parete della facciata del fabbricato, dove restò fino all’alluvione del 1994. Successivamente, in sede di ripristino delle strutture e degli spazi circostanti, trovò sistemazione nell’attuale sito.

Monumento ai Caduti di tutte le Guerre

Questo monumento, posto nell’area verde a lato della strada d’accesso agli impianti sportivo-ricreativi del parco intitolato a Giorgio Perlasca, fu inaugurato il 9 novembre 1997. Come si è visto, problemi di viabilità ed eventi alluvionali avevano fatto venir meno la possibilità di onorare con strutture dignitose la memoria dei caduti.

La città di Ceva, in collaborazione con le locali sezioni dell’Associazione Nazionale Alpini, dell’Associazione Nazionale Carabinieri in Congedo e dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci, volle riaffermare il senso di rispetto e riconoscenza verso chi perse la propria vita sui campi di battaglia, con un’architettura di pregio. Un monumento nuovo, di concezione non tradizionale, trascendente e trasversale alle diverse epoche della storia locale, che vuol suscitare la speranza e lasciar spazio all’immaginazione di un avvenire sereno.

Il corpo centrale è ricavato da un blocco di marmo apuano di 22 tonnellate, scolpito dall’artista svizzero Daniele Aletti. L’autore ha cercato di “sollecitare la creatività dell’osservatore”, proponendo in quest’opera una riflessione sulla tragica realtà della guerra, in contrapposizione alla speranza di un futuro migliore.

Ai piedi della scultura si aprono tre grandi libri in marmo su cui sono incisi i nomi dei cebani, militari, partigiani e civili vittime delle due guerre mondiali, delle guerre di indipendenza e d’oltremare.