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Monumenti ed Architetture a Ceva


Associazione Ceva nella Storia - Chiesa di San Bernardino

Chiesa di San Bernardino     Torna all'indice


La devozione dei cevesi nei confronti di san Bernardino da Siena viene storicamente fatta risalire a quando, nel suo continuo peregrinare, il frate francescano si trovò a passare per Ceva e fece dono per alcuni giorni dei suoi sermoni alla popolazione, presso la vecchia parrocchiale di Santa Maria del Castello. Questo accadde tra il 1418 e il 1419.

Dopo la sua santificazione, avvenuta nel 1450, i cebani lo elessero protettore della Città e vollero erigere un piccolo tempio in suo onore. Diverse e discordanti tra loro sono le ipotesi e le leggende circa il motivo della scelta del sito, certo è che la zona che da allora porta il suo nome fu da lui attraversata durante il suo cammino.

La prima chiesa era a pianta rettangolare di circa dieci metri di lunghezza per sei di larghezza ed era situata nella località attualmente denominata Case Rosse, ai confini con la parrocchia della frazione Mollere. Venne distrutta dalle armate napoleoniche nel 1796.

Terminato il periodo del governo francese, i fedeli cebani mostrarono la volontà di riedificare il tempio, ma le poco favorevoli circostanze economiche e politiche del tempo procrastinarono l’inizio dei lavori al 1845. Artefici principali della sua ricostruzione furono l’arciprete Olivero e il grande benefattore Sebastiano Tamagno, insigne medico e ricercatore, che ne fu anche il primo priore.

La chiesa non venne edificata sul primitivo sito, ma in un luogo più aperto, all’incrocio delle strade per Savona e per l’Alta Val Tanaro. Il nuovo edificio era a pianta circolare e fu progettato dall’ingegner Cecchi di Cairo. Il 13 agosto 1851 il vescovo di Mondovì, monsignor Giovanni Tommaso Ghilardi, lo benedì.

La mattina del 13 giugno 1944 un’incursione dell’aviazione degli Alleati, forse per sbaglio, rase al suolo la chiesa. Si salvarono soltanto la campana e la statua lignea del santo, collocata in una nicchia sopra l’altare, unico reperto rimasto della prima cappella.

La venerazione dei cebani per il santo era rimasta però tale che già nell’estate del 1945, appena terminato il secondo conflitto mondiale, l’allora arciprete don Giorgio Gallo aveva provveduto ad inoltrare le opportune domande, sulla scorta delle leggi sui danni di guerra, per la costruzione di una nuova chiesa.

Intanto si era costituito un apposito comitato con a capo lo stesso arciprete e il sindaco Riccardo Dardanelli. Per la redazione del progetto fu individuato l’architetto don Carlo Rulfo (1907-1975) di Mondovì. L’iter burocratico si rivelò piuttosto lungo, ma nell’autunno del 1959 venne formalizzata la concessione di un contributo statale di sette milioni di lire.

Per effetto di un ampliamento del sistema viario nella zona, non fu più possibile ricostruire la chiesa nel medesimo sito, ma venne individuato un appezzamento dirimpetto a questo che fu ceduto gratuitamente dal proprietario, il commendator Luigi Longo (1884-1984) magistrato e funzionario ministeriale residente a Roma, con radici cebane per via materna che fu un generoso benefattore di questa e di numerose altre opere pubbliche della città (una lapide in sua memoria è affissa all’interno della chiesa).

Si appaltarono i lavori sulla base del progetto dell’architetto Rulfo, affidandoli alla ditta Monge Filippo di Savigliano, dopo che la prima gara era andata deserta. Contribuirono non poco alla realizzazione anche le somme che il comitato raccolse tra i fedeli attraverso idonea sottoscrizione. Nella primavera del 1963 furono portati a termine e domenica 21 aprile la nuova chiesa venne consacrata da monsignor Sebastiano Briacca (1888-1963), vescovo di Mondovì, con una numerosa partecipazione di autorità religiose, civili e gente giunta anche dai paesi vicini.

La prima messa fu officiata dal vicecurato della parrocchia don Romano Roberi. Riprendendo poi le regole del passato, per le incombenze di carattere laico, si provvide alla nomina dei priori, scegliendoli, com’era stata usanza, tra gli abitanti del posto.

L’edificio religioso è a pianta circolare come il precedente, del diametro di quindici metri, con un ampio portale di accesso in legno di noce. Il pavimento è in mosaico di quarzite. Essendo la parte inferiore sormontata da un tamburo di diametro più ridotto, completamente finestrato con vetri cattedrale di colore giallo, si viene a formare all’interno una sorta di deambulatorio colonnato che circonda l’aula centrale.

Vi è un unico altare collocato di fronte all’ingresso, di linea semplice, in marmo rosa di Nava. Il paliotto è decorato col classico monogramma di san Bernardino su fondo color oro e una piccola colonna che lo sovrasta regge l’antica statua salvatasi dai bombardamenti. Il simulacro misura in altezza circa ottanta centimetri, non si sa però né quando né da chi fu realizzato. Esso raffigura il santo in età giovanile, caratteristica che lo rende particolare poiché generalmente, nell’ambito della sua iconografia, San Bernardino viene rappresentato negli anni della senilità.

Nel 1971, su progetto del geometra Giacomo Fogliacco, venne eretto il campanile ad opera dell’impresa S.R.S. di Ceva e fu ricollocata in esso la vecchia campana. E’ una struttura a quattro piani, a pianta triangolare. Per molti anni, probabilmente per scelta estetica, fu lasciato privo di tamponatura perimetrale, realizzata solo di recente con la creazione ad ogni piano di tre finestre ad arco a tutto sesto.

Negli anni si sono susseguite a più riprese opere di manutenzione e di abbellimento: recinzione perimetrale, marciapiedi, sostituzione del materiale di copertura dei tetti, collocazione in cima al campanile ad ogni lato di orologi con quadranti luminosi, installazione di impianto automatico per il suono della campana, messa a dimora di conifere e essenze arbustive nel terreno adiacente, rifacimento completo della tinteggiatura esterna con realizzazione di apparati decorativi e di due affreschi ai lati del portale di ingresso e, in ultimo, la costruzione di un nuovo porticato esterno attiguo alla parte destra della chiesa.

Tutto questo è stato possibile grazie alla costante e generosa opera dei priori e degli abitanti del luogo e a cospicue donazioni di vari benefattori, nonché ai proventi derivanti dalle feste in onore del santo che abitualmente si tengono alla fine del mese di agosto.

Sul sito che fu occupato dalla seconda cappella, dopo la distruzione di questa durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale, fu costruito un pilone, restaurato ed ampliato nel 1994, al cui interno vi è una statua del santo. Sotto di esso vi sono ancora le tombe del dottor Sebastiano Tamagno, della moglie Luigia Jemina e della suocera Angela Botalla Jemina, che fu benefattrice di questa chiesa. Il canonico Olivero fu qui sepolto, ma nel 1958 venne traslato nel sepolcro dei canonici in Duomo.