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Dove una volta si ergeva il Forte di Ceva, venne innalzata una Croce Monumentale in omaggio a Cristo Redentore. Il significato di tale opera è molto profondo. La comunità usciva da un secolo molto difficile, che si era aperto con l’occupazione francese a seguito delle invasioni napoleoniche, era proseguito con le Guerre di Indipendenza e chiuso con la disastrosa Guerra di Abissinia e si assisteva già alle prime emigrazioni di massa verso i paesi stranieri in cerca di fortuna. Si auspicava quindi un secolo migliore. Sia il luogo che il simbolo religioso scelto sono carichi di significati: il Forte rappresenta il coraggio, immagine di valore, virtù che crea eroi, difende dagli oppressori, mentre la croce è il segno del sacrificio di Gesù, è l’emblema dell’evento culminante della storia della salvezza dell’uomo, è lo scettro delle grandi anime, dei prodi. Monsignor Andrea Ighina, vicario generale della diocesi di Mondovì, disse: «Sulle rovine di glorie passate sorge questa croce, simbolo della vita che recò al mondo Cristo Redentore, omaggio dei cevesi, eretto mercé oblazioni». Dal pianoro della Rocca del Forte lo sguardo può spaziare per le belle pianure verso Lesegno, Soraglia, San Bernardino e Mollere, per le colline prealpine, le Alpi nevose, le vinifere Langhe e può abbracciare tutta la natura nel suo splendore.
L’avvenimento fu descritto in un numero speciale della Tipografia Valentino Muratore di Ceva: Nella Festa per l’Inaugurazione della Croce sul Forte di Ceva, 7 Ottobre 1900.
Su iniziativa dell’allora parroco, il cavaliere teologo don Francesco Mauro si deve l’erezione ed inaugurazione della Croce sul pianoro della Rocca del Forte di Ceva, benedetta da monsignor Giovanni Battista Ressia, vescovo di Mondovì. Questa fu costruita come monumento della fede e della gratitudine del secolo morente a Gesù Cristo Redentore, grazie alle oblazioni volontarie dei cittadini di Ceva. La Croce è di proporzioni grandiose: misura 7 metri d’altezza, 4 di lunghezza delle braccia e 0,55 di larghezza. E’ in ferro, fuso ad opera della Fonderia Manfredi di Mondovì. La sorregge un piedestallo di marmo bianco di Frabosa alto 1,20 per 1,60 di larghezza alla base, opera del marmista Pietro Manzo, su cui è scolpita la dedica:
JESU CHRISTO DEO HOMINUM REDEMPTORI ANNO SANCTO MCM
Al fine di rendere il monumento visibile da tutta la Città, fu necessario costruire un basamento di 3 metri in altezza, a forma di tronco di piramide. Da un lato vi è una scala in pietra di diciassette gradini che conduce alla piattaforma, delimitata da una ringhiera in ferro, che accoglie la Croce. Sugli altri tre lati vi è scritto con grandi lettere in ghisa applicate su un supporto metallico:
CHRISTUS VINCIT * CHRISTUS REGNAT * CHRISTUS IMPERAT.
Papa Leone XIII informato dell’inaugurazione del monumento a Gesù Redentore e pregato di benedire i relativi festeggiamenti, rispose a mezzo del cardinale Rampolla col seguente telegramma:
«Santo Padre accorda benedizione implorata per Festa sette ottobre».
L’avvocato Giovanni Battista Salvetti in onore dell’evento compose questi versi:
ERGENDOSI SULLA VETTA DEL FORTE LA CROCE
Su la vecchia Città lenta discende la notte, e per le vie, pei campi e su pei clivi il silenzio e la vasta ombra si stende.
Nel profondo del Cielo, ad una ad una si accendon le fiammelle de le remote stelle,
Che, tremolanti, su le eccelse vette gittan dei monti i lor pallidi raggi.
Sulle palpebre stanche scende invocando il sonno.
Dalle ville odi appena venir qualche latrato.
Ogni sentier già tace.
Dorme la terra in una immensa pace.
Tutto posa, ma Tu vegli, o Divina Croce, e nel vuoto stendi le larghe braccia infaticate,
Come da la cittade amica i mali spirti per la notte erranti a sgominare;
come a raccogliere in uno e grande amplesso
Tutti i buoni, color ch’hanno sofferto e perdonato, coloro che abbandonati nella trista landa
Della vita, sommessi non disperar, pregarono fidenti nella deserta stanza,
E riposero in Te la lor speranza.
O Croce mite e santa, Tu grandeggi qui nell’ombra infinita e appena l’occhio mio or Ti discerne.
Pur nell’alma Ti sento, e in cor mi svegli un tumulto di affetti inconsueto.
Gli è che Tu rappresenti Quanto di grande e di sublime serra Questa povera terra;
E da feroce ricordi, odio implacato Che ricambia il supremo beneficio, La sconoscenza e l’infinito amore,
Il vero eterno e la menzogna iniqua I santi insegnamenti E il furiar di farisaiche genti.
O Croce mite e santa, a Te d’intorno Una innumere schiera Di Serafini, un maledetto giorno
Aleggiò, che piangeva e inorridita Si fea de l’ale al volto una visiera, E mandava singulti
Che sul Trono immortal lo stesso Eterno Scuoter dovean; e sopportasti il peso Del Divino Tradito, e le supreme
Convulsioni sentisti e il doloroso Reclinare del capo irto di spine, Che grondavano sangue,
E l’ultima parola Udisti, che perdona e che consola.
Pel Cielo appar lieve una striscia bianca...
E’ di croco l’oriente. Agili nubi, com’è bello il vostro Puro e vario sembiante.
Quale cangiante fra topazio ed ostro, Qual di foco listata, qual d’argento...
E sorge e incede il grande astro del giorno.
E’ la vita che torna.
Da le vallee, dai prati, da le cime Smisurate dei monti, escon confuse Voci e suoni di squille, che per l’aere
Mattutino si spandono e trascorrono...
Si spicca da la vetta, Trilla perduta in ciel la lodoletta.
Sulla soglia del povero abituro Col bambinello in braccio Esce la villanella e mentre intorno
Le salta il cane, ad alta voce chiama Gli altri nati già adulti Onde il padre accompagnino, che innanzi
Si caccia il lento bue E colla vanga all’opre faticose Torna dei campi.
Fumano i comignoli Lontani, e su la via Ritorna il pellegrin col suo bordone.
D’oro e porpora un manto avvolge i monti.
E sovra l’aspre incudi L’officina incomincia i gravi ludi.
E’ una vita di stenti e di dolori Quella che s’apre innanzi A noi, vita dal dubbio flagellata E su cui spesso il disperare incombe.
Talor dinnanzi a gli occhi Stanchi de l’uomo par traluca il vero, Ma non è che problema, Che nella fonda tenebra lo caccia.
Urlan feroci le passioni e il giusto Non ha momento che plorar non deggia; Sotto il ferrato piede Del forte iniquo si dibatte ognora Il debol, finché morte Venga, invocata, a migliorar sua sorte.
E’ dolore la vita! O Croce santa,
I nostri tanti mali E Tu tempra; ed a chi pensa e lavora Spiana il cammin, si che men triste appaia.
Di giustizia e di fede Ha sete il mondo gramo; e Tu provvedi
Che l’una scenda e l’altra, su l’umano Labbro a fermar la stolida bestemmia, L’urlo di chi dispera
Sopisci le fraterne ire e le male Ambizioni sfrenate.
E se da noi quaggiù si espia qualcosa Tu fa che nel futuro Il castigo di Dio scenda men duro.
Su questo sconsolato orbe terreno Tutto passa e perisce. Ma tu non morirai, Memoria grande!
Tu ricordi il maggior fatto, che il lungo Andar de gli anni contemplar potesse.
Quel d’un Dio, che redime La condannata Umanità, che detta Una legge d’amor, pietra angolare Di superbo edificio, Che niuna scrollerrà possa nemica.
E neppur quando oscurerassi il sole, Tornando il mondo nel gran Nulla, o santa Croce, Tu perirai;
Più bella allora in ciel Tu brillerai!
Altri tre autori per l’occasione lasciarono scritti dei versi, ma vollero mantenere l’anonimato siglando i componimenti solo con le iniziali.
Elenco dei sottoscrittori:
Canonico arciprete Mauro, marchese Pallavicino di Priola, P. Eugenio Michelotti, canonico Marcantonio Iemina, Pozzetti Giuseppe, Bonardi Pietro, Canaparo Maria, Teresa Manassero Rovea, Susa Catterina vedova Spinardi, D. Giacomo Mondino arciprete di Mombasiglio Bruno Maddalena, Cardinali Catterina, Billò Cristina, Chinasso Marianna, D. Giuseppe Quaglia, Rossi Angela, famiglia Tornatore, Faroppa Antonio, Chiarlone Orsola, Baricalla Catterina, Dardanelli Catterina, Piovano Angela, Camarillo Marianna, suore dell’ospedale, Tamagno Francesca, Peirone Giovanni, famiglia Roatta, Roatta Luigi, Roatta Pia, Roatta Camilla, Fusero Luigi, Rovere Paolina nata Dotta, Martini Giovan Battista, Costamagna Catterina, Odetto Aldina, Sibena Remigio, Bertino Rosa vedova Odetto, chierico Odetto Primiero, Odetto Cesare, Gallo Teresa, Damiano Maria, ospizio delle figlie, Pro Agata, Dogliani Maria, Prò Ines, Tarò Giovanna, Martini Bianca, Bossolasco Maddalena, Gallo Anna, Sibona Carolina, Salonio Giuseppina, Ferrero Marianna vedova Rinvolucri, Camilla Giovanni, Paruzza Giovanni, Gallo Pietro, Vassallo Stefano, Bonardi Antonio, Damilano Giuseppina, Morra Paola vedova Masante, Sattamino Filippo, Martino Teresa, Ferro Carlo, Sapino Eugenia, Berrutti Giuseppe fu Andrea, Comp. Figlie Maria, Rebuffo Giuseppina, F.G., F.M., Promis Terenzio, coniugi Bracco, chierico Bracco Ulrico, Bracco Ida, Raineri Lorenzo, vedova Ciravegna, Blangero Celestino, Canavero e famiglia, famiglia Garelli Cesare, chierico Giuseppe Garelli, Torti Clotilde, Biestro Rosina, Bezzone Ermenegilda, M.T., Prandi Maddalena, Benedicti Maria, Musso Giovanna, Musso Catterina vedova Vigliero, vedova Traversa, Ghiglione Domenica, vedova Parola, Chiapasco Domenico, G.M.D., Guido Carlo, famiglia Vera, famiglia Dotta, Cerva Maria, Canavero Giovanna, Francolino Teresa, Dotta Giuseppe, famiglia Gastaldi, Ausonio Giuseppina, Carlotto Giovanna, Bruno Teresa, Secco Biagia, Ferraro Marcellina, Galliano Cecilia, famiglia Salamitto, Ferro Ardrea, Ferro Luigi, Gianluigi Calleri, Anna Maria Calleri, Roascio Maria, Berrutti Felicita, famiglia Calvo, Urna Isidoro, G.A., Pozzetti Marcellino, don Borsarelli Marco parroco di Lesegno, parrocchia San Siro, don Giovanni Rosa, A.D., famiglia Azzoaglio, famiglia Rebaudengo, C.T., Venturino Giuseppe, Martino Luigi, Borgna Pietro, Viglione Margherita, Bruno Teresa, famiglia Romero, Chiechio Giuseppe, Chiechio Giovanni, Icardi Filippone Angela, R.M., T.E., chierico Torelli, Michelotti Anna, Grasso Domenica, Balocco Paolina, Bruno Maria, Mondino Agnese, Bruno Celestina, Visconti Paola, F.T., famiglia Marrone, Penna Angela, Canaveri Ida, famiglia Parola, Bonetti Giuseppe, Anna Francesca, Maia vedova Maria, Rossi Giovanni, famiglia Figone, Collivadino Pietro, Bezzone Amilcare, Chiarlone Agnese, famiglia Fissore, Carlotta Elisabetta, signor Canavero, Vassallo Maddalena, Torelli Giovanni Battista, famiglia Icardi Filippo, Musso Domenico, sorelle Sacheri, Caretto Michele, Aicardi Felicita, Cerrini Giuseppe, Erancolino Luigia, Delfina Musso, Bresciano Giovanni, le alunne del catechismo domenicale, Filippi Giulia, Ferrero Giovanna, Gastaldi Anna, sacerdote Nielli Giovanni, Scavino Orsola, Damilano Maddalena, canonico Costanzo Michele Fea, Accamo Teresa, famiglia Giovannini, Boffano Teresa, Pera Maria, cavalier D.SS., B.F., Borgna Domanica, Durando Benedetta, famiglia Bellardone, G.B.N., Borgarino Giacomo, N.B., Barbiero Prosperina, sacerdote Pietro Viara vicecurato, Ceppi Ida, famiglia Filippi, Pio e Luigina Sciandra, don Antonio Dotta vicecurato, Toscano Domenico, Dray Antonia, M.A., vedova Costamagna, vedova Pizzorno, Sciarra Margherita, Elvira Susanna Meluccia, Alberto Carolina, Alfredo, Francesca da Montevideo (America), famiglia Bersone, Martino Ang., Sibona Remigio, Barussi Luigia, Delucis Pietro, Margaria Giovanni, Marenco Francesco, Giolitti Francesco, famiglia Vassallo della Piana, Roascio Pia, Roascio Eugenia, famiglia Gabbiano, famiglia Muratore, C.V., famiglia Garrone, canonico Canaveri e popolazione Piggi Santo Spirito, D.C.R., famiglia Ciravegna, famiglia Barbiero Agostino, Penna Vittorio, famiglia Basiglio, Bosio Giovanni, Zoppi Catterina, Natale Berrutti, F.G.A., Botto Battista, C.G., Ferrero Domenico, D.M., Ferrero Maria, B.T., Ferrero Margherita, Ferrero Elena, Capellano Maria, Capellano Enrichetta, don Guido Carlo, compagnia di San Giuseppe, Consiglio Carlo, famiglia Garrone (Mollere), famiglia Cocca, Vittone Giacomo, Pozzetti Andrea, amministratori e chiesa di Santa Maria, Chiapasco Maddalena, famiglia Sibona, Reviglio e ragazzi dell’ospizio, avvocato Settimio Francolino, Ferro Felicina, compagnia dell’Addolorata, compagnia del Sacramento, compagnia del Suffragio, Sevega Giacomo, Sevega Luigi, Sevega Giovanni, Sevega Stefano, Rossi Pietro, Vassallo Marco, Terreno Bartolomeo, Martino Domenico, Tomatis Michele, Bezzone Antonio, Bovetti Giovanni, Bagnasco Federico, Campogrande Giovanni, Bonardo Antonio, Sapino Domenico, Manassero Giorgio, Icardi Filippo, Musso Domenico, Vignotto Giuseppe, famiglia Gastaldi, circolo cattolico, Ferrero Maria, Gatti Giuseppina, Givaschi Luigi, Oddove Benedetto, Alessandra Degioannini vedova Chiera e figlia.
Il 20 Settembre 1925 si celebrano i 25 anni dell’erezione della Croce, per iniziativa dell’allora arciprete don Giorgio Gallo. Il bollettino Parrocchiale di quel periodo fu dedicato all’evento: Il 1° Venticinquennio della Croce Monumentale sul Forte - La Festa dell’Addolorata.
«Le nostre feste si avvicinano. Al pari di me avete tuttora viva nell’anima la gioia provata, or è un anno, per l’incoronazione della nostra Addolorata, e altre gioie e altre consolazioni ci attendono. Molti di Voi, ricordate, o parrocchiani, che nella domenica 7 ottobre dell’anno Santo 1900, veniva inaugurata con solennità, sul Forte, la Croce Monumentale a G. Cristo Redentore. In questo settembre di nuovo anno Santo noi commemoriamo il 1° venticinquennio di quella data cara, e facciamo questa commemorazione unitamente alla festa dell’Addolorata.
S. E. Rev. Mons. Francesco M. Franco - Vescovo di Ozieri - dandoci la preferenza su altri inviti ricevuti, ha ceduto alle nostre insistenze e verrà di persona a rendere più solenni le nostre feste. Sono tre anni che ci onora della sua bontà e si degna venire fra noi; a Lui mando anche a nome vostro l’espressione della più sentita riconoscenza. Prepariamoci dunque a queste feste nel raccoglimento e nella preghiera; prepariamoci da veri figli della Addolorata e della Croce, che dall’alto vigila a difesa nostra; dalle terre vicine altri si associeranno a noi; e con noi pregheranno l’Addolorata, e con noi in pia preghiera saliranno al Forte. Oh! Queste feste ci edifichino a vicenda, ci lascino più buoni.»
Nel 1950 si commemora il cinquantesimo anniversario dell’edificazione. Nel supplemento alla ”Vita del Duomo di Ceva” si descrive l’evento: La Croce del Forte - IL COLLE SACRO.
«Dalla mia camera di lavoro, volgendo lo sguardo a sinistra, mi incontro nella rocca del Forte, e mi vedo innanzi il frontale della Cappella dell’Addolorata, sormontata su l’alto della Croce Monumentale dell’Umana Redenzione. La cappella dell’Addolorata del Forte, con l’altare, dipinti e statua, scavata nel cuore della roccia, vide per secoli anime buone e pie salire pellegrinanti a frotte, o sole, e raccolse nel silenzio del monte la prece del ricco e del povero, la prece di fede, di supplica e di grazie. Lassù il popolo nostro volse sempre lo sguardo, nelle vicende tristi e liete della Città e della Patria, nelle famigliari e personali necessità fino quando la cara Addolorata fu costretta ad esulare domandando ospitalità al Duomo, che l’accolse a braccia aperte... Scendeva la Vergine Addolorata nel 1796 dal suo speco, e lassù in quella nicchia, passati i tempi burrascosi della guerra francese, veniva collocata una brutta copia della sua Immagine, che si vede ancor oggi e che valse però a mantenere vivo il ricordo dell’Addolorata al Forte, a ricordare l’antica pietà e riconoscenza, a fare considerare quel luogo come sacro.
E sacro lo fu e lo è.
... Fu allora nell’Anno Santo 1900, il 7 ottobre, che il popolo di Ceva, in unione al suo Parroco, al suo Clero, al suo Vescovo, Mons. G. B. Ressia, di venerata memoria, saliva il colle processionalmente per la benedizione e inaugurazione di quella croce... E passarono gli anni, anni tristi, anni di guerra, anni di miseria e di fame, anni di pianto e di lacrime. Ricorreva nell’anno 1917 il primo centenario dell’istituzione della Compagnia dell’Addolorata; ma per cause multiple non fu possibile commemorare l’avvenimento, ne fu rimandata la celebrazione all’anno 1923, e fu proprio in quella circostanza che si maturava l’idea dell’incoronazione della Madonna Addolorata. Quella celebrazione a cui partecipava S. E. monsignor Franco, vescovo di Ozieri, riuscì solenne.
Il 21 settembre 1924, presente il Vescovo Diocesano, quello di Cuneo e di Ozieri, l’Addolorata veniva solennemente incoronata, e l’anno dopo, e precisamente il 20 settembre, la statua dell’Addolorata, incoronata Regina di Ceva, con corona reale, provvista cogli ori vostri, o parrocchiani, processionalmente col vero e unanime giubilo di tutti voi, o parrocchiani, risaliva al Forte, portata da buoni uomini, che si ascrissero a vero onore di poter rendere questo omaggio alla nostra R. Addolorata.
Era Anno Santo anche il 1925... Era il primo giubileo, che noi celebravamo della erezione della Croce e nell’Addolorata ritemprammo la nostra fede e la pratica nella medesima.
Un altro venticinquennio è passato... Altre vicende tristi e dure sparsero di spine il cammino di nostra vita, altre guerre vennero; la conflagrazione mondiale, distruzioni di nazioni, di città, pianto su pianto, lacrime su lacrime... senza fine... E che non abbiamo visto in questa nostra città, in questa nostra parrocchia...? E che non abbiamo sofferto...? E quando le operazioni di guerra cessarono e si ebbe la tregua di pace, con un sospiro unanime di riconoscenza, il 15 settembre 1946, in processione l’Addolorata, accompagnata da tutto il suo popolo, portata su camioncino riccamente addobbato, una volta ancora saliva al Forte, vicino alla Croce Monumentale.
Altra tappa solenne fu quella dell’anno passato nella celebrazione del 1° quarto di secolo dell’incoronazione dell’Addolorata; solenne in quest’Anno Santo 1950 per il giubileo d’oro della Croce Monumentale, che da mezzo secolo di lassù, vista da centinaia e centinaia di popolazioni, stende le braccia e in un atto di fede, di speranza e di amore, accoglie senza distinzione di parte, e ricchi e poveri, e bimbi e vecchi, e operai dell’officina e lavoratori dei campi, sempre pronta al perdono.... sempre.
E l’Addolorata per una terza volta si trova al Forte, al colle che a Lei è consacrato. E l’accompagna un altro Vescovo, quello di Fossano, Sua Ecc. Monsignor Dionisio Borra”.
“E tu Madre, che immolato vedesti Un tal Figlio morir su la croce, Per noi prega, o regina dei mesti,
Che il possiamo in sua gloria veder.”»