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Monumenti ed Architetture a Ceva


Associazione Ceva nella Storia - Il complesso storico industriale Ex ILSA

Il complesso storico industriale Ex ILSA     Torna all'indice


Dopo la chiusura della Filanda Siccardi e della Filanda Bianchi sul finire dell’Ottocento e venuta meno la possibilità di aprire alcune industrie con cui si erano avviate le trattative (il setificio Les Petits Fils di Lione nel 1900, una vetreria nel 1906, lo stabilimento metallurgico Way-Assauto s.p.a. di Torino nel 1906), la Città stava affrontando un periodo di crisi. Mancavano strutture di una certa consistenza che apportassero lavoro e benessere, al fine di favorire lo sviluppo socio-economico della comunità. Per porvi rimedio il sindaco Adolfo Jemina (1864-1936) accolse la proposta del locale commerciante di stoffe Francesco Romanisio di incontrare alcuni tecnici, suggeritigli dalla ditta Filippone & Levi di Torino, che cercavano un luogo dove installare uno stabilimento per la tessitura meccanica del cotone.

L’incontro con il rappresentante della ditta interessata Egidio Mussi e i tecnici Giacomo Enrietti ed Ernesto Perosino, avvenne l’11 dicembre1906 ed ebbe esito positivo. Erano presenti il sindaco Jemina, il consigliere comunale Remigio Sciarra (1856-1941), il commerciante Francesco Romanisio, il banchiere Giuseppe Carlotto e l’avvocato Ulrico Bracco. Nella seduta del consiglio comunale del 23 dicembre dello stesso anno venne votato un ordine del giorno a favore dell’iniziativa e nel mese di febbraio dell’anno successivo ci fu il sopralluogo dei tecnici per individuare la zona dove costruire la fabbrica.

Il 1° giugno 1907, con atto del notaio Giulio Baricco, rogato a Torino, si costituì la Società Anonima Cotonificio di Ceva, di cui fu nominato presidente Remigio Sciarra, come anzidetto consigliere comunale ed industriale, esperto conoscitore di novità tecnologiche e nuovi processi produttivi, appresi in diverse permanenze in America dove aveva operato con discreta fortuna, competenze che ora metteva a disposizione per l’incremento economico e sociale della sua città natale. Il Comune intanto aveva ceduto gratuitamente un terreno di proprietà sul Brolio, dietro l’Asilo Infantile, di circa 15.000 metri quadrati. Per la provvista idrica e il funzionamento degli impianti si presero accordi con il marchese Calisto di Lesegno, presidente del consorzio della Bealera della Piana, mentre un secondo approvvigionamento poteva essere garantito, per interessamento del procuratore generale Carlo Ciravegna (1854-1933), dal canale della Braia. Si fecero i lavori di arginatura del fiume Tanaro a spese del Comune e si esonerò la nascente industria dal pagamento delle tasse comunali per un ventennio dall’apertura, mentre Sciarra si preoccupò di trovare un terzo della somma occorrente per la sua costruzione. La progettazione venne affidata all’ingegner Corrado Gay di Torino.

I lavori iniziarono ad agosto e furono eseguiti dalle ditte Beniamino Quadri & Guido Maggi di Torino e Colombo di Monza. Si costruì la fabbrica, la palazzina adibita ad uffici ed alloggi e l’imponente ciminiera per lo smaltimento dei fumi, realizzata in muratura di laterizio, per un altezza di circa 43 metri e con una circonferenza alla base di circa 12 metri. Lo stabilimento occupava una superficie di 7.500 metri quadrati ed anche per il corpo di fabbrica maggiore si utilizzarono mattoni pieni, sia per i tamponamenti che per i tramezzi interni, mentre la struttura portante verticale era di pilastri circolari in ghisa su cui poggiavano travi in profilato di acciaio a doppio T, che reggevano l’orditura in legno del tetto. L’ambiente aveva sale ampie, ben aerate, che ricevevano luce dai lucernai fatti a shed, mentre caloriferi e ventilatori assicuravano una temperatura costante. L’illuminazione interna era altresì garantita da oltre 500 lampadine elettriche.

I telai delle macchine erano di fabbricazione estera, mentre la motrice venne realizzata dall’azienda metalmeccanica Franco Tosi di Legnano e sviluppava 200 cavalli vapore.

Il 13 settembre 1908 si tenne l’inaugurazione e il programma dei festeggiamenti durò una settimana, con gare ciclistiche, podistiche, di pallone elastico e di tiro a segno, spettacoli pirotecnici, concerti musicali, lancio di palloni, balli, luminarie, una fiera e divertimenti popolari.

Nei primi tempi la fabbrica impiegò circa 180 operai di ambo i sessi, ma ben presto salirono a 247. La produttività era buona e si esportava in America, Australia, India ed altri paesi orientali. Per la direzione si era dato incarico a Giacomo Enrietti, uno dei tecnici promotori dell’edificazione dell’opificio. Veniva fatto osservare alle maestranze, soprattutto apprendiste che provenivano da fuori Ceva ed erano ospitate nel convitto unito allo stabilimento, un rigido “Regolamento del Convitto operaio addetto al cotonificio di Ceva”.

Purtroppo non tardarono ad emergere varie difficoltà dovute soprattutto alla crisi cotoniera di quel periodo, che causarono l’impossibilità per gli amministratori di gestire l’impianto industriale, portando ad uno stato di recessione della società. Il 16 gennaio 1910 ne venne deliberata la messa in liquidazione e la quasi totalità delle azioni venne acquisita dalla Società Anonima Cotonificio Hofmann di Torino. Il 5 agosto 1910, con rogito del notaio Teppati a Torino, si costituì una nuova società anonima che mantenne la medesima ragione sociale precedente, Cotonificio di Ceva, con presidente il commendator Emilio Remmert e vice il signor Giulio Hofmann. Dopo una breve interruzione la nuova azienda riprese l’attività proseguendola fino al 31 marzo 1931.

In quel periodo Ceva ne trasse un grande beneficio; la produzione era copiosa e di qualità e inoltre la popolazione poté usufruire di un piccolo spaccio dove acquistare scampoli di tessuti con piccoli difetti, a prezzi assai contenuti. La crisi internazionale del 1929 però provocò il tracollo dell’industria, che vide diminuire drasticamente in pochi anni le commesse. Il non poter più far fronte alle spese di gestione ne determinò la chiusura. Detentrice della maggioranza azionaria divenne la Società Anonima Aziende Tessili Unificate di Torino e in seguito il gruppo finanziario facente capo all’imprenditore svizzero Augusto Abegg, già titolare del Cotonificio Vallesusa. Nonostante più tentativi, anche con il sostegno dei diversi podestà cebani dell’epoca fascista, il cotonificio non riaprì. Lo stesso Remigio Sciarra ci provò nel 1934, senza riuscirvi.

Durante i primi anni della Seconda Guerra Mondiale i locali vennero utilizzati come magazzino della caserma Galliano e stessa funzione di deposito militare ebbero in parte anche durante l’occupazione tedesca. Il comando germanico nel 1944 autorizzò l’industria Piaggio, impegnata a quel tempo nella produzione di aerei per la Regia Aeronautica e di alcuni pezzi di motori di aerei della Luftwaffe, a decentrare parte della sua attività stabilendosi nel Cotonificio, in quanto era troppo esposta nei suoi stabilimenti di Pontedera e di Finale Ligure alle incursioni dell’aviazione alleata. Forse per scongiurare questa eventualità le superfici murarie esterne del fabbricato del lato verso il Tanaro vennero grossolanamente tinteggiate con effetto mimetico. L’azienda fabbricò componenti per velivoli militari fino al termine del conflitto mondiale. Cessata la guerra mantenne attiva la sua sede di Ceva fino alla fine del mese di marzo del 1951, dedicandosi alla realizzazione di parti meccaniche dello scooter “Vespa” (parafanghi, pezzi del manubrio, sportello sotto il sellino) e di componenti per la rete ferroviaria e per i treni (scambi, serbatoi d’aria dei freni). Al tempo della chiusura occupava solamente più una sessantina di operai. Dopo un breve periodo di inutilizzo lo stabilimento passò di proprietà della società Amaltea, dedita alla produzione di pavimentazioni in legno.

Nel 1958, nella palazzina degli uffici si insediò il distaccamento di Ceva della Polizia Stradale rimanendovi fino al 1961, quando si trasferì in via XX settembre. Il complesso industriale fu poi occupato dalla ditta Vega, dei fratelli carcaresi Francesco e Rinaldo Perotti. Grazie anche al sostegno finanziario del comune si ristrutturò ed ampliò il fabbricato ed il 2 maggio 1962 iniziò la produzione di un caratteristico tipo di materiale per pavimentazione e rivestimento. Le ridotte dimensioni del prodotto, la particolare lucentezza e la vasta gamma di colori in cui era disponibile consentivano un’infinità di soluzioni ornamentali ed artistiche. Nello specifico si trattava di tesserine per mosaici di una composizione in vetro-opale. Queste avevano forma di quadrato (2,5x2,5 cm) o di triangolo equilatero (3 cm). Le principali materie impiegate per la produzione erano: sabbie quarzose provenienti dalla cava Siro di Vernante, spatofluore (fluorite), carbonato di sodio (soda solvay di Rosignano), residui delle proprie lavorazioni e coloranti. L’ultima fase del ciclo produttivo riguardava la composizione, con le piccole piastrelle, di pannelli a uno o più colori, che veniva anche effettuata a domicilio da privati. Il prodotto ebbe da subito un buon successo commerciale tant’è che nel 1963 fu usato per il famoso “Lungomare degli Artisti” di Albissola Marina, una passeggiata unica al mondo nel suo genere, lunga quasi un chilometro; alla sua realizzazione intervennero i più affermati artisti dell’epoca, con la creazione di giganteschi “pannelli” in mosaico, intervallati da strisce di colore bianco e azzurro. Ancor oggi, dopo un ripristino nel 2000, è considerata un elemento di pregio nell’arredo urbano della cittadina ligure, di per sé famosa per la produzione artigianale delle ceramiche. Un altro episodio significativo, relativamente al materiale della fabbrica cebana, fu in occasione della XIII Triennale di Milano nell’estate del 1964, quando furono messi in mostra i pannelli progettati dagli artisti Roberto Crippa, Gianni Dova, Agenore Fabbri, Mario Rossello. Il 27 aprile 1965, l’azienda cambiò la sua denominazione in Ilsa S.p.a. . Questa, con la direzione del geometra Ugo Ghisolfo, continuò la sua attività fino al 1979, anno in cui cessò la produzione dei piccoli manufatti in vetro-opale.

Negli anni successivi la maggior parte del complesso industriale rimase inutilizzata. Con atto notarile del 21 marzo 1985, il Comune di Ceva provvide all’acquisizione dell’intero fabbricato. Nei locali furono organizzati eventi espositivi un paio di volte, mentre nell’area verde adiacente si tennero saltuariamente dei concerti musicali. Alcuni spazi vennero poi dati in affitto ed occupati da un laboratorio di ceramica, una falegnameria e un’officina di collaudo autoveicoli. A seguito dell’alluvione del novembre 1994, che provocò tra l’altro notevoli danni anche alle strutture sportive del parco della Rotonda, nel 1998 il Municipio diede inizio ad una massiccia serie di interventi per il recupero ed il riutilizzo delle strutture dell’ex stabilimento. Si cominciò a ripristinare i locali occupati ora dalla Bocciofila e nel 2002 si recuperò un’altra porzione del fabbricato per la realizzazione del “Centro Servizi del Cebano”, nell’ambito di finanziamenti europei.

Ad oggi all’interno della struttura trovano collocazione: il circolo di tennis, la bocciofila, un campo coperto per calcetto e tennis, la mensa scolastica, la sede del Corpo Volontari Antincendi Boschivi, il distaccamento dei Vigili del Fuoco Volontari e i magazzini del Comune.

La Polizia Stradale occupa dal 1998 la palazzina che era adibita a uffici ed abitazioni, opportunamente riattata, nella quale aveva già avuto la sua sede in passato. La superficie esterna è stata intitolata a Giorgio Perlasca e sistemata ad area verde, con due campi da tennis in terra rossa e uno da bocce. Resta ancora da stabilire la destinazione di una parte della struttura prospiciente piazza don Bado.

La vecchia ciminiera, diventata ormai un “monumento” cittadino, resta il simbolo del passato industriale di questa zona. Nel 2005 vennero fatti dei lavori di messa in sicurezza, rivestendo la parte sommitale con piombo.