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Monumenti ed Architetture a Ceva


Associazione Ceva nella Storia - La Caserma Giuseppe Galliano

La Caserma Giuseppe Galliano     Torna all'indice


Molto probabilmente l’idea di costruire una caserma per soldati a Ceva ebbe la sua origine da uno studio del 1872 di un ufficiale dello Stato Maggiore, il capitano Giuseppe Domenico Perrucchetti (1839-1916), divenuto poi generale e senatore, considerato il fondatore del Corpo degli Alpini, con il generale Cesare Ricotti-Magnani (1822-1917) più volte Ministro della Guerra. Nel suo trattato suggeriva un riassetto dell’ordinamento territoriale militare a difesa dei confini alpini d’Italia da una possibile invasione straniera. La proposta prevedeva la costituzione di una serie di distretti dislocati lungo tutto l’arco delle Alpi, con l’indicazione di destinare ad essi militi reclutati nelle località montane di queste, più avvezzi alla rigidità del clima, a spostarsi e faticare su terreni impervi, con legami e maggior facilità di rapporti con le popolazioni autoctone, rispetto a coloro che fossero provenuti da altre parti d’Italia. Dopo vari dibattiti parlamentari il decreto di istituzione del Corpo delle Truppe Alpine venne approvato il 15 ottobre 1872. In funzione della formazione e della sistemazione dei contingenti delle nuove milizie da montagna dell’esercito italiano, il Comando del Genio Militare di Torino manifestava al comune di Ceva la volontà di acquartierare in città, per i mesi estivi, una compagnia composta da 250 soldati, invitando il medesimo a verificare la possibilità di reperire una sede adatta allo scopo, nonché ad indicare l’importo che sarebbe stato disposto a sostenere per concorrere alle spese per l’adeguato allestimento della stessa. L’amministrazione comunale, consapevole dell’utilità che avrebbe portato la dislocazione di un quartiere di alloggiamento truppe in città, si attivò prendendo in considerazione vari immobili che avrebbero potuto prestarsi per questo utilizzo tra cui: il Castello dei Pallavicino, un paio di fabbricati al borgo Sottano ed il convento dei Cappuccini. Nessuna di queste ipotesi però venne portata a soluzione perché, nel frattempo, l’amministrazione militare aveva avanzato il proposito della costruzione di un nuovo edificio, in un’area completamente pianeggiante, asciutta, di comodo accesso e con disponibilità di acqua potabile, quale avrebbe potuto essere la zona del Brolio. Fu così che il 7 gennaio 1880, presso la Direzione del Genio Militare di Alessandria, fu sottoscritta un’apposita convenzione con la quale il comune di Ceva si impegnava a cedere gratuitamente all’Autorità militare un appezzamento di duemila metri quadrati in località Brolio ed a stanziare nel contempo la somma di 20.000 lire, da pagarsi in due rate annuali, quale concorso spese per la costruzione della nuova caserma. Il Genio militare provvide in tempi brevi alla progettazione ed all’indizione dell’appalto dei lavori che prevedevano una base d’asta di 70.000 lire. Si aggiudicò l’esecuzione delle opere l’impresa del signor Ferrari Carlo Giuseppe che le portò a termine nell’aprile del 1881 in modo che, nel periodo estivo subito appresso, la 4ª Compagnia alpina vi si trasferì stipulando con il Municipio una convenzione per effettuare esercitazioni di tiro al bersaglio, in una zona a prudenziale distanza dalle abitazioni e dalle superfici coltivate. Questa venne individuata nei pressi della riva dell’Ospizio. La scelta del sito provocò comunque le lagnanze di qualche cittadino, ma dal comando della compagnia pervennero le opportune garanzie di sorveglianza durante le operazioni di addestramento e di conseguente sicurezza.

Inizialmente la caserma era una costruzione con pianta ad “U”, che si sviluppava su tre piani e riprendeva alcuni motivi geometrici dell’architettura tipica del XVI secolo, delle opere militari cosiddette alla moderna, che alternavano a muratura di tipo misto filari di mattoni lasciati a vista.

Già dall’ottobre del 1882, cioè a poco più di un anno dalla sua apertura, il presidio cebano si dimostrava inadeguato per capienza. Infatti la riorganizzazione del Corpo degli Alpini, con la riunione dei battaglioni in sei reggimenti portava a disporre la localizzazione in Ceva di due compagnie, anziché dell’unica originariamente prevista, degli uffici del comando del Battaglione Val Tanaro e di alcuni magazzini. Inoltre si prese in considerazione un prolungamento della permanenza dei soldati oltre il periodo estivo. Si imponeva quindi l’esigenza di procedere con sollecitudine ad un ampliamento della caserma, con una nuova cessione gratuita dei terreni necessari da parte del comune ed il suo concorso al finanziamento delle opere edili. Si stabilì che i lavori dovessero essere terminati entro il 1885 e che il Municipio contribuisse con l’importo di 2.400 lire. L’incarico della loro realizzazione venne affidato all’impresa Ghiglione Vincenzo di Ceva. Si studiò pure un adeguamento ed una ricollocazione del poligono di tiro, individuando una nuova superficie lungo il Tanaro in direzione del Cimitero, data in concessione per tre anni.

Nel 1887 le truppe alpine vennero riorganizzate in sette reggimenti ed i battaglioni che li componevano assunsero il nome delle località dove erano stanziati, fu così che il 10 luglio di quell’anno il Battaglione Val Tanaro cambiò nome, dando origine al Battaglione Ceva. Negli anni successivi si assistette ad un’intensa attività intorno alla caserma, che oltre ad accogliere i militari che, in grande numero, vi effettuavano il servizio di leva o altri che erano richiamati, sovente ospitava truppe di passaggio o che affluivano per brevi permanenze, anche appartenenti ad altri corpi. Non di rado la sua ricettività era insufficiente e ci si doveva attivare per il reperimento di altri alloggiamenti nell’allora provvisoriamente dismesso convento dei Cappuccini, nel Collegio-Convitto, nell’Asilo Infantile ed in alcune filande e filatoi.

Il 17 settembre 1899, in esito ad una proposta avanzata fin dal giugno di tre anni prima dal cebano Luigi Nasi (1863-1919), capitano dei Bersaglieri, la caserma venne ufficialmente intitolata al concittadino tenente colonnello Giuseppe Galliano, l’eroe della Guerra d’Abissinia, caduto nella battaglia di Adua nel 1896, alla memoria del quale lo stesso giorno era stato inaugurato il monumento nella piazzetta antistante l’Asilo Infantile.

Nei primi anni del Novecento il quartiere militare cebano accrebbe di importanza e vennero realizzati ulteriori ampliamenti intorno all’edificio, con la costruzione di tettoie per i carriaggi e, in seguito alla cessione di un’ulteriore porzione di terreno da parte del Municipio, fu ricavato un secondo cortile dalla parte verso il Tanaro. L’amministrazione comunale, già dal 1907, lamentava però un esiguo numero di alpini presenti permanentemente all’interno del presidio, rispetto a quello molto più elevato dei militari di passaggio ospitati.
Nessun alpino del Ceva venne impiegato nella guerra di Libia del 1911-1913. Nell’estate del 1914, però, tutti i battaglioni alpini vennero schierati a presidiare la frontiera orientale e all’inizio del 1915, per effetto del richiamo in servizio di molte classi, le necessità di stazionamento aumentarono sensibilmente e gli ambienti della caserma non erano ovviamente sufficienti. Come era già capitato, quindi, diverse strutture pubbliche, fabbriche e abitazioni private vennero predisposte in modo da accogliere tutti gli alpini che si apprestavano a partire per il fronte. Di lì a poco anche il Regno d’Italia sarebbe entrato in guerra contro l’Impero Austro-Ungarico. Il battaglione Ceva all’inizio delle ostilità era schierato nella Val Aupa, in Carnia.

Nel corso del conflitto furono numerose le leve già in congedo ad essere precettate e nella caserma di Ceva venne formato un nuovo battaglione: il Monte Mercantour. Sia i nuovi arruolati che i richiamati sostavano per un breve periodo di addestramento e poi venivano inviati nei territori di guerra. Talmente tanti furono gli alpini del Ceva e del Mercantour che perirono negli scontri sul monte Cuckla, sul Rombon, sul Romboncino, nelle battaglie dell’Ortigara e sulle alture di Pluzne, che alla fine del 1917 i due battaglioni vennero sciolti per l’esiguo numero di superstiti. Per il valore ed il sacrificio dei suoi alpini il Battaglione Ceva venne decorato con la medaglia d’argento al valor militare.

Finita la Grande Guerra, in funzione della riorganizzazione dei reparti militari, nel mese di settembre del 1919 venne ricostituito il Battaglione Ceva, nell’ambito del 2° Reggimento, che aveva sede a Cuneo. La caserma Galliano, però, nonostante fosse stata ulteriormente ampliata con la costruzione di una palestra per l’addestramento, perse d’importanza e fu utilizzata come sede di magazzini o come provvisorio acquartieramento di truppe di passaggio, destinate a stanziarsi in località più vicine alla frontiera. A nulla valsero le ripetute sollecitazioni indirizzate al Ministero della Guerra da parte delle amministrazioni locali e di associazioni di categoria per avere una dotazione stabile di alpini in Ceva.

Nel 1935, un ulteriore riordino dei reggimenti alpini portò al raggruppamento di questi in quattro divisioni, fu così che nacque la Cuneense. Il regime fascista si orientò per un diverso addestramento ed utilizzo degli alpini e da corpo di difesa delle frontiere, furono impiegati per interventi prettamente offensivi, come la Guerra d’Etiopia nel 1935-1936 e l’occupazione dell’Albania nel 1939, che stavano precedendo di poco lo scoppio della seconda Guerra Mondiale. A giugno del 1940 iniziarono le ostilità anche per l’Italia e dopo i primi due piuttosto sfavorevoli interventi in Francia e sul fronte greco-albanese, il dramma di molti alpini, partiti nel luglio del 1942 dalla caserma Galliano, si sarebbe consumato in Russia, sulle rive del Don, a Nowo Postojalowka, a Nikolajewka, durante l’infausta ritirata del gennaio 1943. Al rientro dalla Russia i pochi reduci del Ceva furono inviati in Alto Adige, dopo una breve licenza. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 si scontrarono con le forze tedesche, molto numerose nella zona. Dopo poco giunse l’ordine di resa, buona parte delle truppe fu catturata ed internata, qualcuno riuscì a fuggire unendosi a gruppi partigiani. Questa fu la fine del glorioso Battaglione Ceva, che non venne più ricostituito. Intanto nella caserma Galliano si erano acquartierati alcuni dei reparti di occupazione tedesca che operavano nel cebano e diversi locali furono adibiti a prigione per i partigiani che vennero fucilati poco distante, nella zona ove ora sorge l’Oratorio parrocchiale. Terminato il conflitto il nome Ceva venne attribuito ad una Compagnia Comando prima del 1° Reggimento e poi del 4°. L’edificio della Galliano non venne più utilizzato fino al 1953, quando il ricostituito Battaglione Mondovì, facente parte del 4° Reggimento, vi insediò l’11ª Compagnia, che aveva come vice comandante il capitano Bruno Barberis, che diverrà poi generale. Il 26 settembre 1954, in occasione di un grande raduno alpino che si tenne a Ceva, venne affissa una lapide nell’atrio della caserma a ricordo dei caduti e dei dispersi di tutte le guerre. Nell’ottobre 1962 la predetta compagnia fu trasferita in Veneto e venne rimpiazzata dalla 21ª Compagnia del Battaglione Saluzzo che si fermò fino alla metà del mese di settembre 1964, quando l’ennesima riorganizzazione di sedi e reparti non prevedeva più la permanenza di soldati nella caserma cebana. Nonostante i ripetuti tentativi dell’allora sindaco Riccardo Dardanelli (1910-1983) per impedirne la chiusura, nel mese di ottobre del 1965 la Direzione Militare Nord Ovest di Torino faceva presente l’impossibilità di mantenere un distaccamento di alpini di una certa consistenza in città.

Negli anni seguenti furono realizzati interventi manutentivi sul fabbricato e come effetto delle reiterate richieste dell’amministrazione civica si ottenne che, nel mese di settembre 1970, si installasse nella caserma, la Compagnia Pieve di Cadore del Battaglione Cadore facente parte del 2° Reggimento, al comando del capitano Barberis che vi rimase fino alla metà di ottobre del 1973. Poi fu ancora mantenuto per un po’ di tempo un corpo di guardia, dopodiché l’immobile venne totalmente dismesso ed il Comune, per oltre un ventennio, cercò di utilizzarlo al meglio ricavandone la sede per alcune scuole, per il distaccamento dei Vigili del fuoco (1977), per numerose associazioni locali ed usufruendo occasionalmente degli spazi per attività espositive e ricreative di vario genere. Questo fino a quando le calamità atmosferiche del novembre 1994, con l’esondazione del Tanaro, vennero a compromettere l’integrità strutturale del sito.

Encomiabile fu l’opera di decine di volontari che si adoperarono per molto tempo per il ripristino e la ripulitura dei molti locali invasi dal fango, conferendo nuovamente un dignitoso aspetto all’intero fabbricato. Ciò consentì che il 30 settembre 1995, anche in segno di omaggio e solidarietà con la Città che si stava risollevando dal disastro alluvionale, si tenesse sul posto il solenne giuramento del nono scaglione delle reclute del Battaglione Mondovì facente parte della Brigata Alpina Taurinense, con tutta la città di Ceva e la piazza d’Armi invase da alcune migliaia di persone per l’occasione. Fu questa l’ultima grande manifestazione che vide la presenza di tanti alpini presso la caserma Galliano. Da alcuni anni si stava lavorando ad un importante progetto di ristrutturazione e riconversione della struttura militare. Infatti fin dall’autunno del 1990, nell’ambito della riforma del Corpo Forestale dello Stato, su iniziativa dell’allora comandante regionale dottor Attilio Salsotto (1924-2003), la struttura cebana era stata individuata quale possibile sede di una scuola per sottoufficiali ed allievi del Corpo. L’iter si presentava lungo e difficile, ma la questione con il supporto delle autorità politiche provinciali e regionali, delle associazioni di categoria e di numerosi parlamentari, primo fra tutti il senatore cebano Natale Carlotto, giunse dopo un ventennio a buon fine. Oltremodo preziosa fu la costante diligenza con cui la pratica fu seguita dalle amministrazioni comunali che si succedettero in quel periodo, presiedute dai sindaci Giovanni Taramasso, Alfredo Vizio e Davide Alciati e fondamentale, in materia di finanziamenti, fu il ruolo svolto dal dottor Giacomo Oddero, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo. La caserma, sulla base del progetto dell’ingegner Stefano Dalmasso, venne completamente ristrutturata nella parte storica, ad opera dell’impresa Zoppi di Priero, subentrata alla ditta che aveva vinto l’appalto che si era ritirata, mentre le imprese Edilmecos e Scotta di Vinovo furono aggiudicatarie della costruzione di due nuove ali nei lati verso il Tanaro e verso il parco della Rotonda, occupando quest’ultima praticamente quasi tutto lo spazio su cui insisteva lo sferisterio, trasferito nel 2007 nell’area sportiva dei Nosalini. In una parte della vecchia piazza d’Armi venne ricavato l’eliporto. Nel mese di aprile del 2009 si aprì il primo corso di formazione per 40 agenti provenienti da tutta Italia. Il 17 settembre 2011 ci fu l’inaugurazione ufficiale del nuovo Centro di Formazione del Corpo forestale dello Stato “Giuseppe Galliano” , alla presenza del sindaco Alfredo Vizio, del sottosegretario alle Politiche Agricole onorevole Roberto Rosso, del sottosegretario alle Infrastrutture onorevole Bartolomeo Giachino, del Capo del Corpo forestale ingegner Cesare Patrone, di parecchie altre personalità politiche e militari e di un gran numero di persone accorse per l’evento. Attuale direttore della scuola è il dottor Stefano Anania.