Seguici anche su Facebook! |
Il tessuto urbano di Valgelata corrisponde ad una delle zone di più antica fondazione dell’attuale centro storico e in particolare la via che la attraversava, poi intitolata ad Amedeo Derossi, tra XII e XIII secolo ne costituiva l’asse viario principale nonché il fulcro degli scambi commerciali di tutta la zona.
All’epoca questa via si presentava con un aspetto diverso da quello a cui si è oggi abituati. In origine probabilmente erano presenti solo strutture in legno che con il passare del tempo, verso il XIII secolo, si trasformarono in eleganti edifici in muratura. Purtroppo, molto poco di questo “tessuto urbano” è giunto fino a noi, anche se la lottizzazione risulta ancora discretamente leggibile e fornisce non poche indicazioni sulla vita di quel periodo. Otto secoli di interventi edilizi hanno inevitabilmente alterato in maniera drastica il tessuto originario. Diversi indizi sono sparsi qua e là lungo la via, ma tre edifici sono particolarmente rappresentativi di ciò che è stato e sono paragonabili ad altrettanti fermo immagine, che contribuiscono ad aiutare a figurarsi l’aspetto che questa strada aveva in passato, quando era il cuore commerciale di Ceva.
Il primo di questi edifici che si incontra, inoltrandosi in via Derossi da via Sauli, è quello che viene comunemente chiamato casa di don Parola, per via del suo ultimo proprietario, il canonico Giuseppe Parola (1887-1988), che vi rimase fino alla fine degli anni Settanta. Si tratta di una cellula riconducibile al XIII secolo, giunta fino a noi in ottimo stato di conservazione, mantenendo la facciata a sbalzo sulla via, realizzata con una struttura a traliccio in legno, ancor oggi ben visibile. Questa porzione in aggetto è tuttora sorretta da due grosse mensole al piano terra, realizzate in muratura di mattoni alternata a grossi blocchi rettangolari di arenaria, che evitano il ribaltamento della facciata. Questo edificio è l’unico all’interno del centro storico di Ceva e uno dei pochi in Piemonte che ha mantenuto questo tipo di facciata, detta appunto a traliccio e che nasce nell’XI secolo dallo sviluppo della casa-torre. La necessità di costruire a sbalzo è dovuta al bisogno sia di avere a disposizione più superficie ai livelli abitati, sia di proteggere dalle intemperie lo spazio antistante la bottega al piano terra, vista la mancanza di portici. Questo fabbricato ha mantenuto intatto il suo sviluppo verticale, quattro piani fuori terra, così come la forma del tetto, realizzato a capanna e caratterizzato dal timpano sulla facciata principale.
Il secondo edificio si trova quasi in fondo alla via, di fronte allo sbocco del vicolo Oscuro, ai civici 32-34. Si tratta di un immobile del XV secolo, risultato dal rimaneggiamento di strutture precedenti. Questo si discosta dalla tipica costruzione medievale, stretta ed alta, poiché ha la forma di un piccolo palazzo caratterizzato da una decorazione pittorica che, a prima vista, sembra richiamare quelle medievali bicromatiche tipicamente liguri, bianche e nere, ma, ad una analisi più attenta emerge la presenza di un terzo colore, il rosso, ad indicazione invece di un modello decorativo tardogotico tipico piemontese.
La decorazione indica come la facciata sulla via avesse lo stesso sviluppo in altezza che ha oggi, tre piani fuori terra e fosse composta da una sequenza di tre aperture a sesto acuto, probabilmente con all’interno delle bifore al primo e al secondo piano. Gli stipiti e l’arco di queste erano adornate con conci colorati alternativamente di bianco e nero, mentre i bardelloni sopra agli archi sono composti da cornici a dente di sega, rappresentati da una sequenza di cubi tridimensionali disegnati in assonometria, dove la terza dimensione si presenta in colore rosso. Anche le fasce marcadavanzale, sulle quali in passato erano impostate le aperture delle finestre, sono decorate. Inoltre a livello del sottotetto si può osservare un riquadro con un fregio pittorico geometrico nero e rosso.
Nel corso dei secoli la facciata è stata oggetto di numerosi interventi, come l’inserimento di una scarpa di rinforzo al primo piano, la modifica della forma delle bucature, l’apertura di una portafinestra al primo piano con realizzazione del relativo balconcino. Nonostante ciò è comunque ancora possibile immaginare l’aspetto di questo stabile nel XV secolo.
Il terzo edificio si trova a pochi metri dal precedente dall’altro lato della via al civico 67. Grazie ad un recente intervento di restauro sono stati portati in vista diversi elementi che rendono possibile affermare che si tratta di una cellula medievale, databile non oltre la metà del XIII secolo.
La facciata sull’attuale via Derossi era probabilmente in cotto a vista. Al piano terra si trova un portale tamponato, sormontato da un arco falcato in conci di arenaria e da doppio bardellone in cotto, di cui quello interno formato da elementi cilindrici. L’arco è sostenuto da due solidi piedritti costituiti da grossi blocchi, anch'essi in arenaria. A livello del primo piano si osserva una piccola finestra tamponata, sormontata da un architrave in legno e archetto di scarico. Questa apertura, di semplice fattura, può essere ricondotta ad una “finestra di cortesia”, il cui scopo era quello di smaltimento dei fumi dei bracieri.
Sul fianco sinistro sono stati messi in evidenza i resti di un arco a tutto sesto al primo piano (forse una bifora), a testimonianza che nel XIII secolo anche questo prospetto era libero. Sebbene la forma del tetto, a capanna e con il timpano in facciata, sia tipica del periodo di riferimento, purtroppo non ci sono indizi utili a risalire alla originale altezza della costruzione.