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Monumenti ed Architetture a Ceva


Associazione Ceva nella Storia - Palazzo dell’Arciconfraternita di Santa Maria e Santa Caterina

Palazzo dell’Arciconfraternita di Santa Maria e Santa Caterina     Torna all'indice


Guarino Guarini, una delle figure più importanti del barocco, tra il 1679 e il 1680, compilò e consegnò i progetti che gli erano stati commissionati dall’Arciconfraternita di Santa Maria e Santa Caterina per la costruzione del nuovo oratorio e del palazzo attiguo, da destinare al ricovero degli infermi. Non sono mai state chiarite le circostanze, da chi indagò in tal senso in passato, attraverso le quali i membri dell’Arciconfraternita giunsero nella determinazione di affidare la progettazione della chiesa e dell’edificio dell’ospedale al celebre architetto modenese, così lontano dai contesti storici, artistici e culturali del territorio di Ceva.

I confratelli avevano acquistato le case e i terreni che davano sulla piazza Maggiore e i lavori iniziarono. Purtroppo le spese reali stavano superando quanto preventivato e così si decise di portare a termine soltanto la struttura ospedaliera, rimandando a tempi migliori la costruzione della chiesa. Il fabbricato venne iniziato nel 1680 ed edificato dove era stato previsto, ad occidente del sito destinato alla chiesa. In poco più di due anni il palazzo venne terminato, ad ottobre del 1682, ma si decise di cambiarne destinazione d’uso, mantenendo l’ospedale fuori delle mura della città, nei pressi della sede del convento francescano. Anche di questa scelta non esiste documentazione d’archivio che chiarisca le motivazioni. Il 3 ottobre 1682 si stipulò un contratto di locazione, tra l’Arciconfraternita e il capitano Antonio Garello, gabelliere della provincia di Ceva, per un locale al piano basso dell’edificio per immagazzinarvi il sale. Il primo e il secondo piano furono affittati al Comune per l’archivio, per l’ufficio di insinuazioni (registro) e per la sala delle adunanze del consiglio comunale.

Per la facciata del palazzo, l'architetto Guarini aveva ideato una struttura semplice data la finalità di utilizzo, con finestre sormontate da timpani alternativamente triangolari e semiovali.

Lo stabile si sviluppa su quattro piani. Inizialmente il piano terreno era adibito a magazzino con portone in legno e finestra, in seguito, nelle prime decadi del Novecento, venne trasformato e vi trovarono ospitalità prima un’impresa di trasporti e poi alcuni uffici bancari, mentre il resto era già da tempo destinato ad abitazione privata.

Intorno al 1935, l’intero complesso venne acquisito dai coniugi Guido e Maddalena Alliani, che stabilirono la loro attività commerciale al piano terra, interrompendola per breve tempo, dopo l’8 settembre 1943, in quanto l’edificio venne requisito dai tedeschi che vi insediarono il loro Comando, prima di trasferirsi nel Palazzo Bianco dei Pallavicino. Il primo e il secondo piano si mantengono ancor oggi secondo la conformazione originale, con un’enfilade di grandi ambienti, che avrebbero dovuto ospitare i letti degli ammalati; l’ultimo piano presentava delle piccole aperture, all’interno della cornice in stucco, che a metà del secolo scorso furono ampliate. Negli anni il caseggiato venne tinteggiato varie volte con colori diversi dall’attuale e recentemente lavori di ristrutturazione gli hanno dato l’attuale conformazione.