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Il Palazzo Borgognone è la sede della scuola secondaria di I grado dell’Istituto comprensivo intitolato ad Attilio Momigliano, insigne scrittore nativo di Ceva, uno dei massimi critici letterari italiani del Novecento.
La vicenda relativa al palazzo ed alle scuole prese il via da quando il sacerdote cebano don Agostino Borgognone, con testamento del 22 giugno 1719, rogato dal notaio Melissano di Saliceto, fece donazione di tutte le sue sostanze alla Congregazione della Dottrina Cristiana, che aveva la sua sede ad Avignone, affinché fosse fondato in Ceva un Collegio dove si insegnassero la grammatica, l’umanità e la retorica. I membri di questa congregazione però non erano ammessi nelle Provincie Subalpine e non poterono quindi ottemperare alle volontà del testatore. Conseguentemente il Municipio, con Regie Patenti del 1721, fu autorizzato alla gestione diretta del lascito è fondo il Collegio ampliando anche il numero dei corsi con l’insegnamento della Filosofia. Dopo poco venne sancita la denominazione di Pio Isitituto delle Scuole. Questo non ebbe mai una sede fissa, finché la soppressione degli ordini religiosi da parte del governo napoleonico rese disponibili dei congrui spazi all’interno del convento francescano.
Dopo alcuni decenni il Collegio-Convitto aveva raggiunto un’ottima fama ed era frequentato da un buon numero di allievi provenienti da molti altri comuni del Piemonte e della Liguria. Nonostante ciò ed una cospicua donazione del canonico Pio Bocca, elargita nel 1840, il Comune non era in grado di far fronte alle spese di gestione della scuola e di mantenimento della struttura, eccessivamente ampia. Ci si attivò pertanto per una permuta dei locali dell’ ex convento con quelli del vicino ospedale che da parte sua abbisognava di più spazi per la cura dei degenti. L’accordo tra le due amministrazioni per il cambio dei fabbricati venne ufficializzato nel 1841. Dal 1848 intervennero riforme governative per l’ambito scolastico che portarono il Comune negli anni successivi a provvedere ad un riordinamento delle scuole cittadine, conformando alla legge il corso completo delle scuole elementari per ambo i sessi e chiedendo la parificazione del ginnasio a quelli regi. Vista negata questa possibilità si decise di provvedere alla sua soppressione a favore delle scuole tecniche, ma dopo dibattimenti in varie sedi e livelli di giudizio, l’Autorità scolastica impose al Municipio il ripristino delle scuole ginnasiali, stabilendo che i redditi del lascito Borgognone non potevano essere utilizzati a favore di corsi di insegnamento diversi da quelli classici. L’Amministrazione comunale quindi si attivò per dare forma stabile e legale al ginnasio, affinché questo non perdesse di prestigio e integrò le rendite dei lasciti Borgognone e Bocca con una propria quota per concorrere alle spese. Questo fece in modo che nel 1887 la scuola fosse finalmente classificata tra quelle regie, il che portò, a seguito di convenzione decennale, all’ottenimento di una sovvenzione anche da parte del Ministero della Pubblica Istruzione. Nel 1897, la rettoria del Convitto, dopo i falliti tentativi di affidare l’intera gestione delle scuole ad un Istituto religioso a cui sarebbero state cedute le rendite dei lasciti, venne affidata all’arciprete della parrocchia avvocato teologo Mauro. Nei primi anni Venti il Collegio-Convitto venne rinnovato e nel 1923 gli utenti potevano disporre di: un gabinetto di fisica, una palestra per la ginnastica, Scuole Elementari Interne Comunali, Scuola Complementare, Regio Ginnasio, Istituto Tecnico Inferiore. Inoltre potevano essere seguite anche lezioni di francese, inglese, tedesco, ballo e musica e venivano anche accolti alunni a semiretta, domiciliati in Ceva. Nella porzione di sinistra del fabbricato, occupando anche una parte del cortile, dal 1927 trovò collocazione la caserma dei Regi Carabinieri e vi rimase fino al 1967. Progressivamente però la struttura scolastica si ridimensionò, cessò la sua funzione di Convitto e furono soppressi i corsi ginnasiali. Nel 1933 vi erano solo più le scuole elementari maschili, il corso biennale di Avviamento al lavoro e la direzione didattica.
Dopo il 1936 le elementari maschili si trasferirono nella loro nuova sede sul Brolio e qui rimase la scuola secondaria statale di Avviamento Professionale a tipo commerciale con corsi triennali. Dalla metà degli anni Sessanta e fino ai primi anni Ottanta, quando fu trasferita in alcuni locali della caserma Galliano, ebbe qui la sua sede anche la sezione staccata dell’Istituto Sebastiano Grandis di Cuneo che aveva attivo un corso triennale per segretari d’azienda. Dalla seconda metà degli anni Sessanta, con il trasferimento dei Carabinieri, corposi interventi di ristrutturazione e successivi ampliamenti, con la costruzione della nuova ala, il complesso ha potuto fornire adeguata capacità ricettiva per tutte le classi della scuola secondaria di I grado.
La costruzione è il risultato di una lunga serie di interventi che a partire dal XVI secolo l’hanno portata ad assumere l'attuale aspetto. Infatti non è da escludere che alcune delle sue strutture, in particolare quelle prospicienti piazza San Francesco, possano essere ricondotte alla chiesa di Santa Caterina e al relativo oratorio-ospedale, duramente colpiti dall'inondazione del 1584. Alcune strutture vennero recuperate e assolsero alla funzione di ospedale quasi fino alla metà del XIX secolo. Sicuramente l'odierna conformazione simmetrica e regolare è anche il frutto di una serie di interventi mirati a mascherare il più possibile le varie imperfezioni dovute ad una costruzione così stratificata nel tempo, le quali però non sfuggono ad un occhio attento.
Da una mappa topografica francese di fine Settecento si evince che fin da quell'epoca questo edificio si presentava con l'attuale forma a “C”, già con il piccolo cortile e il loggiato rivolti verso il torrente Cevetta; non è però possibile stabilire con certezza se in quel tempo si sviluppasse già per tre piani fuori terra.
Alla metà del XIX secolo risalgono alcuni interessanti progetti di modifica e ampliamento della struttura, mai attuati, nei quali si prevedeva, in particolare, l'eliminazione del piccolo cortile con un avanzamento della facciata. Questa sarebbe stata portata a filo rispetto ai due corpi laterali e, in una soluzione, arricchita con bugnato rustico sopra al quale si sarebbe impostato un ordine gigante di lesene, sormontato da un frontone decorato da un orologio e tre statue. Esclusa la porzione aggiunta negli anni Ottanta del secolo scorso (ala nuova), la restante parte (ala vecchia), ha conservato inalterate le strutture che già si riconoscono su cartoline di primo Novecento. Questa già all'epoca si presentava come un edificio di tre piani, caratterizzata da due grossi padiglioni, uniti da un loggiato in corrispondenza del corridoio di distribuzione con interposto un piccolo cortile pavimentato. Il loggiato in passato era completamente aperto, dotato di parapetto in ferro; in seguito questo venne sostituito da uno in muratura e le ampie bucature furono chiuse con vetrate. All'interno tutti i piani sono caratterizzati da ambienti voltati a botte e a padiglione. Nella porzione destra si trovava l'ingresso principale, oggi in disuso, dove sopra la porta è collocato il busto di Attilio Momigliano; da qui si accede a un atrio ancora oggi pavimentato con grosse lastre di pietra e nel quale sono posti il busto di Leopoldo Marenco e la targa commemorativa per gli ex alunni del Regio Ginnasio caduti nella Prima Guerra Mondiale. Questo ambiente da adito allo scalone, una sola grande rampa con pedate in lastre di arenaria, in passato unico collegamento tra i vari livelli e oggi utilizzato come scala di servizio. Nell’aula magna a piano terreno spicca un grande affresco del pittore cebano Tanchi Michelotti, realizzato nel 1988.