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Monumenti ed Architetture a Ceva


Associazione Ceva nella Storia - Località Piana: Cappella di San Pietro in Vincoli

Località Piana: Cappella di San Pietro in Vincoli     Torna all'indice


Nella zona di Ceva detta Piana verso i primi giorni di agosto, come secolare consuetudine dopo il periodo della mietitura, si è soliti far festa presso la cappella di San Pietro in Vincoli.

Questa venne costruita, nella sua attuale forma, nel 1922, su iniziativa ed a spese degli abitanti della zona, lungo la strada nazionale per Mondovì, su un terreno donato dalla famiglia Fontana. Alle opere di edificazione contribuirono i muratori Battista Calandri ed Antonio Bezzone, coadiuvati dai proprietari terrieri del posto e da alcuni ex prigionieri di guerra austriaci; questi, dopo la fine della Grande Guerra, erano occupati nelle cascine dei dintorni e nel tracciamento della linea ferroviaria Ceva-Fossano.

La cappella è di forma rettangolare con un piccolo campanile munito di orologio, la campana fu donata dalla signora Angela Bovetti Bonardo.

Da molto tempo ormai, per effetto della deviazione della Statale, essa sta un po’ appartata dalla grande circolazione a ricordare la pluricentenaria venerazione di san Pietro sulla Piana.

Il maestro Aldo Martini, storico cebano, rimanda al Medioevo la costruzione nella medesima zona di una primitiva cappella le cui prebende e decime, dopo la sua soppressione, avrebbero dato origine al canonicato di san Pietro in seno alla Collegiata di Ceva.

A testimonianza dell’esistenza dell’edificio originario vi è il dipinto seicentesco nella sala del Camino del Palazzo Municipale, sul quale è indicata una chiesetta con frontale aperto ad arco sul punto di incrocio della via per il Piemonte con la strada campestre che porta alle cascine Osparato, pressappoco nel medesimo luogo dove è situata l’odierna cappella.

Un’altra testimonianza dell’esistenza in quei luoghi di un antico sacello è fornita in occasione di una visita pastorale del vescovo di Alba, monsignor Giuseppe Maria Langosco di Stroppiana, del 5 giugno 1788. In questa si annota che sotto l’ancona dell’altare era dipinta un’epigrafe che indicava don Lodovico Testanera, canonico di San Pietro, come curatore della restaurazione della cappella quasi distrutta nel 1774. Il vescovo descriveva la chiesa con atrio porticato, di forma quadrilunga. All’interno vi era un altare costruito con materiale laterizio e l’ancona raffigurante la Beata Vergine Maria con i santi apostoli Pietro e Paolo.

La cappella negli anni a seguire fu danneggiata, forse già durante l’invasione francese del 1796, andando completamente distrutta dopo la definitiva soppressione del capitolo della Collegiata a seguito della legge Rattazzi del 1855, non potendo più contare su un canonico di riferimento che ne potesse curare la conservazione.

Per poter usufruire di un luogo di culto comodamente accessibile la gente del luogo, in numero ragguardevole benché distribuita in cascine sparse sul territorio della Piana, decise di ricostruirla agli inizi della seconda decade del Novecento, modificando leggermente il suo titolo originario, incentrandolo sull’episodio dell’incatenazione del Capo degli Apostoli nel carcere Mamertino presso il Foro Romano. Infatti l’edificio religioso presenta al suo interno, sopra l’altare in marmo, un’ancona che raffigura san Pietro, soccorso da un angelo, quando fu tratto in catene (vincoli) nella prigione romana.